Gian Carlo Stella, Gennaio 2019

Giuseppe Sapeto nacque a Carcare (Savona) il 27 aprile 1811 da Bartolomeo e da Anastasia Germani. Nel 1829 entrò nel noviziato della Congregazione della Missione di Torino (ovvero dai lazzaristi di San Vincenzo de’ Paoli) e prese i voti nel 1832. Partì per la Siria nel 1834 e venne ordinato sacerdote l’anno successivo. Nel 1837 visitò la Palestina e poi si recò al Cairo, dove strinse amicizia con i fratelli Antoine e Arnaud D’Abbadie, in procinto di recarsi in Etiopia per studi scientifici.

Ottenuta l’autorizzazione da Propaganda Fide, Sapeto si unì a loro e nel 1838 sbarcò a Massaua “sotto sembianze di viaggiatore”. Il 1° marzo entrò in Abissinia e due giorni dopo era ad Adua, dove riaprì la missione cattolica chiusa dal ‘600. L’ultimo missionario che aveva tentato di riaprirla era stata il lucano Michelangelo Pacelli alla fine del XVIII secolo.

Nel 1844 Sapeto tornò in Italia dove, per il suo comportamento ribelle, anni dopo venne espulso dai Lazzaristi, rimanendo missionario apostolico dipendente da Propaganda Fide. Nel 1850 fu nuovamente in Abissinia senza autorizzazione di Propaganda, e nel 1851 attraversò la Dancalia da Assab alla Piana del Sale. Quello stesso anno visitò altre regioni, tra cui i Bogos. Nel 1853 si portò al Cairo e nel 1857 a Roma dove stampò il volume: Viaggio e missione cattolica fra i Mensâ, i Bogos e gli Habab, con un cenno geografico e storico dell’Abissinia.

Nel 1859 assistette all’ambasciata di Negussié in Francia e poi funse da interprete alla missione politica francese del conte Stanislao Russel, inviata in Abissinia da Napoleone III. Rientrato in Europa, smise la tonaca e nel 1860 venne nominato Conservatore dei manoscritti della Biblioteca Nazionale di Parigi e docente di arabo all’Istituto di Studi Superiori di Francia.

Qualche anno dopo si sposò a Firenze con la romana Angelica Balbina Rinaldini (deceduta nel 1881) e successivamente venne incaricato dell’insegnamento della lingua e letteratura araba presso l’Istituto di Studi Superiori a Firenze, e nel 1864 ottenne la Cattedra di lingua araba presso l’Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II di Genova.

Il primo passo dell’Italia in Africa. L’acquisto della baia di Assab.

Consapevole che l’apertura del canale di Suez avrebbe offerto nuove strade commerciali, Sapeto aveva ritenuto sollecitare più volte il governo italiano ad acquistare una porzione di territorio, non importava se sulla costa araba od africana di quel mare.

Le sue ragioni vennero fatte proprie dal presidente del Consiglio dei Ministri, nonché Ministro degli Esteri, Luigi Federico Menabrea, che stipulò col Sapeto, in data 2 ottobre 1869, un contratto segreto in virtù del quale l’ex missionario si impegnava ad acquistare, per conto del governo italiano, sulle coste dell’Asia o dell’Africa quei terreni, spiaggie, rade, porti o seni di mare che gli fossero sembrati idonei.

Sapeto, assieme al contrammiraglio Guglielmo Acton in borghese, partì con un postale da Brindisi il 12 ottobre 1869 e giunse ad Aden, sull’Oceano Indiano, il 6 novembre. Qui noleggiò un’imbarcazione locale, una Saiah araba ad un solo albero a  vela latina, iniziando a visitare alcuni tratti della costa asiatica. Il 10 novembre si diresse verso Khur-Amera, senza però prendere terra perchè seppe che la località era già stata occupata dagli inglesi.

Nel pomeriggio dell’11 novembre Sapeto ed Acton gettarono l’ancora sulla rada interna di Sciaikh-Said o del capo asiatico di Bab el Mandeb, trovando la località già acquistata dai francesi.

Dalla costa asiatica del Mar Rosso si diressero allora verso quella africana, trovando che la rada di ras Dumairah non era adatta allo scopo, come anche quella di Margableh (detta anche Sciaikh-Duran). I due giunsero finalmente nella baia di Assab dove, il 15 novembre 1869 (pochi giorni prima dell’inaugurazione del canale di Suez), stipularono un contratto a favore dei fratelli Hassan ed Ibrahim ben Hamad, titolari della zona, in forza del quale, versata una caparra di 250 talleri di Maria Teresa[1] su un contratto di 6000, si aggiudicarono il possesso di una striscia di terreno di 4 miglia di lunghezza. I rimanenti 5750 talleri dovevano essere corrisposti entro 100 giorni dalla data del 9 dicembre.

Il 6 gennaio 1870 Sapeto era nuovamente a Firenze, dove trovò una crisi ministeriale per le dimissioni del governo Menabrea. Il titolare del nuovo governo, presieduto dal Lanza, ritenendo troppo audace per l’Italia esporsi ad una politica d’oltremare (il termine “coloniale” ancora non era entrato in uso), che poteva suscitare complicazioni diplomatiche (in quanto quelle coste erano tenute dalla Turchia e gestite dall’Egitto, sua provincia), decise che “ufficialmente” l’acquisto doveva risultare di un privato, e per questo si presero accordi con la “Società di Navigazione Rubattino”.

Il 2 febbraio del 1870 si stipulò, sempre a Firenze, allora capitale d’Italia, una scrittura privata tra il procuratore della Rubattino, Agostino Tortello, il Ministro della Marina (Acton, già compagno di Sapeto ed assunto a quella carica), il Ministro dell’Industria, Commercio ed Agricoltura (Castagnola), quello degli Affari Esteri (Visconti Venosta) e dei Lavori Pubblici (Gadda).

In questo documento, Rubattino stesso si impegnò a far partire per Assab un suo piroscafo caricato con non meno di 200 tonnellate di carbone per la Regia Marina, sbarcandole ad Assab e ad “acquistare apparentemente a suo nome ma realmente e nell’interesse e nel conto del governo quei tratti di terreno situati nella baia di Assab che gli verranno indicati dal prof. Sapeto”. Da parte sua il governo si impegnò a fornire a Rubattino il danaro per l’acquisto del terreno. A protezione dell’operazione, venne inviata nel Mar Rosso la nave militare “Vedetta”.

Il 14 febbraio 1870 il piroscafo “Africa” della Rubattino (al comando del cav. Andrea Buzzolino), salpò da Genova con il geologo Arturo Issel ed il botanico Odoardo Beccari. Nello scalo di Livorno prese a bordo il prof. Sapeto, che proprio quel giorno incassò la somma per la compera di Assab, e l’impiegato di fiducia della “Compagnia Rubattino” Carlo Grondona. Ad Alessandria d’Egitto si imbarcò anche il naturalista Orazio Antinori.

L’8 marzo, quasi al termine della scadenza del contratto con i capi dancali, l’“Africa” era davanti ad Assab, e l’11 marzo venne stipulato il contratto definitivo di acquisto. Due giorni dopo si alzò su quel lembo d’Africa la bandiera della marina mercantile italiana, salutata con 21 colpi di cannone, ed il 14 marzo vennero apposti dei cartelli alle estremità della striscia di terreno acquistata dove si leggeva: “Proprietà Rubattino comprata agli 11 marzo 1870”. Il giorno 15 venne acquistata dal sultano di Raheita anche l’isoletta di Omm el-Bahr.

Da Assab, il 15 aprile Sapeto tornò in Italia, dove giunse il 18  maggio. Nel frattempo, una cannoniera egiziana, avvicinatasi ad Assab abbandonata, tolse i cartelli della Rubattino, rivendicando con questo gesto la sovranità della Turchia per quelle zone, nel mentre in Italia scoppiava la polemica sul quel primo possedimento.

Trascorsero molti anni finchè, nel 1879, Sapeto venne convocato a Roma dal Governo assieme a Raffaele Rubattino e Odoardo Beccari, ricevendo incarico di perfezionare l’acquisto di Assab, prevedendo, il Governo, di far valere i suoi diritti sanciti con la scrittura privata del 2 febbraio 1870. E questo per valorizzare, dopo le delusioni del Congresso di Berlino, l’unico possedimento che l’Italia aveva in Africa.

Venne preparata una spedizione, con due navi militari di appoggio ed un piroscafo, che partì a metà novembre di quell’anno e sbarcò ad Assab il 25 dicembre. Iniziò così, anche con il successivo insediamento del commissario civile Giovanni Branchi, la presenza ufficiale dell’Italia in Africa.

Nel frattempo Giuseppe Sapeto, che quel giorno riprese la carica di  “Rappresentante del Possedimento di Assab della Società R. Rubattino & C.”, aveva scritto il volume: “Assab ed i suoi critici”, per sottolineare la bontà del suo acquisto e rispondere alle critiche che da più parti gli erano state rivolte. Cessò dalla carica sopradetta il 26 gennaio 1881, tornando all’insegnamento che abbandonò nel 1891 per infermità. Assistito da una anziana governante, Giuseppe Sapeto morì in miseria e dimenticato da tutti a Genova il 24 agosto 1895. Solo dopo molti anni, oltre al suo paese natale, molte città italiane (tra cui Genova nel quartiere di San Martino e Roma), dedicarono una via od una piazza al suo nome.


[1] Sul tallero vedi: https://www.ilcornodafrica.it/sc-tall.htm

Sapeto nel 1838 missionario in Abissinia
Carta dei luoghi
IL TALLERO MARIA TERESA. Con questa moneta si comprò Assab