Oggetto: Nuovo messaggio da Il Corno d’Africa
Nome: Roberto Bajano – Genova

Messaggio: Farò fatica ad abituarmi alla nuova veste de Il Corno D’Africa… ma credo che abbiate fatto bene a rinnovare il sito. Uno dei miei problemi è ora riuscire a capire al primo sguardo (come facevo prima) se ci sia qualche nuovo articolo dall’ultima mia visita. Ma mi impegnerò… Vi seguo da tanto, tanto tempo,,, grazie di esserci.
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Risposta. Ciao, Roberto! Non immaginavo di trovarti qui, primo utente delle “Lettere alla Redazione” nella nuova veste.!
Sì, francamente l’improvvisa dipartita di Alberto Vascon, che era davvero anima, tecnico, cultore, fustigatore, passione (passione, non appassionato) del sito ci ha lasciato spiazzati. Ci affidavamo a lui…e basta. Ci stiamo rimboccando le maniche, pur senza avere le sue competenze, e stiamo provando ad andare avanti. Il sito a quanto pare doveva necessariamente essere rinnovato, per ragioni tecnico-informatiche-arubesche a me misteriose. Gian Carlo Stella ed io stiamo trasferendo uno per uno gli articoli (centinaia) e le foto (migliaia), anche se, lo ammetto, con molti ERRORI!!!
Ti ringraziamo perciò davvero per l’appoggio! Cercheremo di trovare il modo di seguire il tuo consiglio, mettendo in evidenza le Nuove Uscite. Un abbraccio e un ringraziamento
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Da: Alessandro Manara <manaradiozzano@gmail.com>
A: Gian Carlo Stella <africanabiblioteca@gmail.com>
Data: 24 Maggio 2020 alle 9.07

Salve Nicola,
Innanzi tutto mi congratulo per il vostro lavoro sul sito. Ti scrivo da Buenos Aires dove sono nato perché mi padre venne nel 1947.  Come tante altre persone che hanno avuto parenti in AOI, scrivo da anni un libro nel quale parecchi capitoli sono dedicati alla vita di mio padre che credo arrivò da Genova a Massaua nel ’37 o nel ’38. Da quel poco che so, aveva un magazzino a Massaua e una casa ad Asmara. Siccome aveva fatto la scuola allievi ufficiali, quando l’Italia entrò in guerra nel ’40 fu richiamato, ecc, ecc, e poi fu fatto prigioniero e mandato in India, ritornando in Italia nel ‘46.  Sarà possibile avere informazioni riguardo la data del suo arrivo e la sua permanenza in Eritrea? Esiste un archivio del Ministero delle Colonie per gli imbarchi e sbarchi, ecc? Nel libro “Chi è? dell’Eritrea” di Giuseppe Puglisi che tu fai riferimento, ci saranno dei dati?  Qualsiasi tipo d’informazioni sarà molto gradita. 
Cordialmente  Alessandro Manara
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Salve. Rispondo alla richiesta del Sig. Alessandro Manara
Non esiste alcun riferimento nel volume del Puglisi “Chi è? dell’Eritrea”  Ne’ appare quel cognome nella lista – che conservo -, degli ufficiali presenti e richiamati in AOI del giugno 1940. Se l’informazione è sicura lo sarà stato dopo.
Quando e dove ha frequentato la scuola Allievi Ufficiali? Nella lista – che conservo -, di quella di Addis Abeba del 1939, quel cognome non appare.
In quale Scacchiere dell’AOI ha prestato servizio e in quale Corpo o Reparto (Genio, Granatieri, Sussistenza, Autieri, ecc., ecc., ecc.)?
Nel mio Archivio ho solo due MANARA: Attilio, rimpatriato dall’Eritrea e residente al 1986 a Verona, e Sandro, in Asmara nel 1950.
Per una ricerca più sistematica ed incrociata dovrei consultare altre decine di elenchi da me formati (elenchi di civili e militari), ma in questo momento Biblioteca ed Archivio sono in sistemazione fisica, e tutto è rallentato.
Sempre a disposizione: Gian Carlo Stella
 
Da: Andrea Semplici <andrea@andrea.semplici.it>
A: Nicky Di Paolo <n.dipaolo@libero.it>
Data: 24 Marzo 2020 alle 19.28
Caro Nicki,
non so se ti ricordi di me, trent’anni fa scrissi una guida all’Etiopia. Ricordo benissimo un episodio: per alcuni mesi ricevetti solo complimenti, poi arrivò un fax in casa editrice. Era di Alberto Vascon che segnava di rosso il mio libro: 420 ‘errori’, alcuni madornali. Non valse la mia difesa: sono un giornalista, ho fatto il possibile, mi sono fidato dei miei ‘informatori’. Non mi concesse attenuanti. Sorrisi e ammisi le mie colpe dopo aver capito cos’era una spirale e non potevano essere definiti così le corna di non so più qualche antilope: aveva ragione…Da allora cominciò un corpo-a-corpo continuo e ‘divertente’: io scrivevo di Etiopia sulle riviste e sui giornali e puntualmente arrivava una sua lettera. Il pasticcio è che non la spediva a me, ma al direttore dei giornali. Presi l’abitudine benedetta di spedirgli l’articolo prima e lui correggeva. Seguii le sue orme in Dancalia e scrissi un altro libro. Le correzioni, questa volta, furono meno.  Non ci siamo mai incontrati. E ora me dispiace. Sarebbe stato un buon incontro. Ognuno fermo nel suo stile, io giornalista superficiale e lui puntiglioso nel suo ‘sapere’ infinito. Spero che, alla fine, mi abbia voluto bene. Io lo stimavo molto. E lo leggevo con attenzione.  Solo oggi, quasi per caso, sono venuto a visitare il sito di Corno d’Africa e ho saputo della morte di Alberto. Una malinconia, un dolore che si aggiunge a quelli di questi giorni.  Se ti è possibile, fai avere alla moglie di Alberto, un mio saluto affettuoso. E un abbraccio (questo non posso impedircelo) a tutti voi della redazione.  Andrea  
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Caro Andrea,
Non ci siamo mai conosciuti di persona, ma sia Alberto che io abbiamo sempre apprezzato le tue ottime guide, ancora oggi assolutamente uniche e insostituibili per chi voglia viaggiare in Africa Orientale.
I tuoi libri sono sempre stati e continuano ad essere per me oggetto di consultazione. Noi abbiamo sempre rispettato umilmente il grande lavoro che hai fatto.
Alberto era un personaggio esattamente come lo hai conosciuto tu: era un critico duro, spietato, mai accomodante, puntiglioso fino all’eccesso, incurante della personalità delle sue vittime.
Eppure dopo i primi duri e estenuanti approcci, sempre litigiosi, sono scaturite poche ma valide amicizie. Anche la mia storia con Alberto è del tutto simile alla tua, ma ora sono qui a piangere la sua scomparsa.
Non so quale sorta di intuito albergasse nella sua mente, ma certo era una dote notevole sorretta da un’intelligenza fuori del comune che gli permetteva di individuare ineccepibilmente ciò che l’autore di un testo, preso da lui in considerazione, avesse sbagliato o fosse anche solo colpevole di aver commesso una semplice imprecisione. Per a fotografia aveva un senso dell’estetica particolare: cestinava centinaia di immagini per imperfezioni impercettibili ai comuni lettori, ma ritenute da lui offendibili verso i luoghi oggetti delle riprese.
Era un purista e non conosceva l‘esibizionismo: ho avuto il piacere di pubblicare con lui alcuni testi fra i quali “Tropical Zoom”, un atlante fotografico del Corno d’ Africa dove le sue splendide foto erano sicuramente il fulcro del volume; mi ci volle non poco a imporre il suo nome come primo autore, mentre avrebbe voluto apparire come secondo per la sua solita modestia e generosità.
Era un puro nell’ animo, cestinava tutto ciò che appariva essere stato attinto da lavori di altri autori e evitava di pubblicare scritti e figure che potessero ledere la sensibilità dei lettori e ha sempre rifiutato di inserire nei nostri libri e nel sito la pubblicità di qualsiasi tipo o di ricevere compensi per pubblicare materiale rifiutato dal comitato editoriale.
Alberto era un uomo buono, pronto ad aiutare qualsiasi persona avesse bisogno, ma come critico e storico dell’Africa Orientale era piacevolmente implacabile.
Un caro saluto, Nicky
 
Carissimo Nicky,
mi devi scusare se porto via un po’ del tuo preziosissimo tempo. La mia lettera da te pubblicata nelle “lettere alla redazione” l’avevo vista subito e ti ringrazio per lo spazio che mi hai concesso. Alcuni giorni dopo ti avevo nuovamente scritto cliccando sul tuo nominativo, ma quando avevo fatto INVIO e cercavo una traccia della mia appena spedita, non ho trovato nessun riscontro e come dettoti ieri, nella stessa ti segnalavo il libro di Olindo FAMELI (anche lui medico come te); io non sono medico ed ho fatto le scuole al Bottego senza arrivare al diploma. Ti chiedevo anche come si doveva fare per acquistare eventualmente qualche CD o DVD di quelli bellissimi fatti da voi, ed il relativo costo. Grazie per la segnalazione che andrai a fare per il libro di Olindo Fameli. Un cordiale saluto. Romano
Romano Modonesi, 4-3-09 romano.modo@yahoo.it
 
 
Carissimo Dott. Nicky di Paolo,
sono Modonesi Antonio Romano, classe 1933, e permettimi di darti del tu. Ho vissuto anch’io in Asmara dal 1938 (avevo 5 anni) fino al mio rientro i Italia nel maggio 1963. Ti conosco di fama perché ho letto tutti i tuoi libri a partire da “Hakim” ed anche se non sono più ritornato nei luoghi della mia infanzia, la nostalgia ed il “mal d’Africa” mi è sempre rimasto un po’ in fondo al cuore. Ho partecipato a diversi raduni del “Mai Taclì” ma non ho mai avuto il piacere di incontrati. Un mese fa ho ordinato il libro che hai scritto assieme ad Alberto Vascon e solo allora, iniziando a leggerlo, sono venuto a conoscenza del sito “ilcornodafrica” e mi rammarico molto esserci arrivato così tardi. Devo farVi i complimenti perchè non ho mai visto fotografie dei posti dove ho trascorso la mia infanzia, così belle e meravigliose, in questi giorni non ho fatto altro che aprire il sito e leggere le lettere “alla Redazione” e vedere, vedere, rivedere le meravigliose foto fatte nei posti che non credevo nemmeno potessero esistere. Non mi sono mai spinto fuori Asmara e dintorni, Massaua, Cheren, Decamerè, Adi Ugri, Senafè erano i posti dove mi spostavo qualche volta, e quindi il vedere tantissimi posti che mi erano sconosciuti, mi ha riempito di una gioia immensa. Fino alla scorsa settimana visitavo soltanto il “chichingiolo” e non sapevo che esisteva un meraviglioso sito come il Vostro ed ho un rammarico che nessuno dei miei amici intimi, mi abbia mai informato di ciò; pazienza, vorrà dire che ora ho qualcosa in più da vedere nei prossimi giorni. Ho frequentato le scuole ad Asmara, dai Fratelli delle Scuole Cristiane prima e poi in seguito al “Bottego” senza però arrivare al diploma. Ho lavorato presso l’Aden Airways all’aeroporto di Asmara, in seguito alla Seferian e poi il mio rientro a Milano con la famiglia nel 1963. Ho giocato anche a pallacanestro con l’Eritrea in età giovanile e qualche foto l’ho sul “chichingiolo” al cassetto 38. Ho giocato assieme a grandi campioni e pochi giorni fa ho appreso la notizia che Massimo Fenili ci ha prematuramente lasciati. Caro Nicky forse mi sono dilungato un po’ troppo, e termino augurando a Voi tutti della Redazione i migliori auguri per un proseguimento del vostro impegno e grazie per tutto quello che fate per tenere alto il ricordo della nostra amata Eritrea. 
Romano Modonesi, 7-2-09 romano.modo@yahoo.it  
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Caro Romano,   Ricordo bene il tuo nome e il tuo viso, anche se qualche anno di differenza  imponeva, in Eritrea, giri di amicizie diversi. Grazie per i complimenti, sono quelli che ci spingono a proseguire nel nostro cammino, animati da scopi che conosci in quanto riportati in tutte le nostre pubblicazioni. Noi desideriamo mostrare quali luoghi e genti abitano il Corno d’Africa, le grandi potenzialità e denunciare l’imbecillità di guerre tanto inutili quanto interminabili. Noi non ci facciamo ghermire dalla nostalgia che tende a riproporre realtà che non potranno più divenire, ma ci teniamo fermi  ad osservare ciò che mostra il Corno d’Africa, cercando di cogliere anche minimi  segni di rinascita. Non veniamo più ai raduni perchè ci danno tristezza. Prova a scrivere qualcosa sul basket in Eritrea. Lo pubblicheremo volentieri, Un caro saluto.   Nicky
 
 
Gent.mo Dott. Di Paolo,
ho iniziato e poi cancellato questa lettera una decina di volte, lei dirà che potevo desistere, che non è necessaria tutta questa ostinazione, invece no, devo farle sapere che il suo libro <HAKIM> mi è piaciuto moltissimo, mi ha commosso e divertito, ha fatto lavorare la mia fantasia e ha risvegliato tanti ricordi. Dal suo libro ho tratto una frase che ho usato per augurarle buon 2009 e cioè “cullo senà enta taib” che per quel po’ di arabo che ancora ricordo io ho tradotto <per te bene tutto l’anno> C’è però una cosa che non riesco a spiegarmi, nel suo libro si legge che erano splendidi i tramonti sul Mar Rosso visti da Massaua, mi sembra che lo erano anche quelli che si vedevano al “kilo arbain”sulla pista che da Gedda porta a Yumbo, quindi sulla costa opposta. Ci sarà senz’altro una
spiegazione,cercherò di trovarla rileggendo il libro, a proposito, ho consegnato al mio abituale libraio l’elenco dei libri da lei scritti, penso che mi saranno consegnati tra una decina di giorni, dopodichè per un po’ di tempo non ci sarò per nessuno! almeno finché non li avrò letti tutti. Credo che lei sia stanco di leggere quindi non le dico cosa ho provato quando ho visto alla televisione e letto sui giornali i fatti accaduti a Massaua. Mi sembra tutto assurdo. La prego di scusarmi per questa lunga e sconclusionata lettera. Voglia gradire i miei più cordiali saluti.
Gianfranco. gianfreddi@gmail.com, 27/01/2009  
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Caro Sig. Freddi, Non abbia remore a scriverci, la posta per noi è importante. Grazie per le sue gentili parole. Lei ha ragione sia nella tarduzione dall’arabo, sia per quanto riguarda  i tramonti massauini. Il sole tramonta ad ovest, quindi in tutta l’Africa orientale il tramonto avviene alle spalle, guardando il mare. A Massaua si osserva il sole tramontare dietro l’altipiano. Con le dovute eccezioni. Dalla punta di Ras Amas (vicino ad Archico) per certi periodi è possibile godere bei tramonti sulla baia di Massaua, mentre per tutto l’anno tramonti splendidi si osservano dalla punta della penisola di Buri e naturalmente da tutte le isole Dahlac. Anche dall’Isola Verde il tramonto è sul mare. Mi auguro di essere stato chiaro. A presto risentirci e tanti cari saluti,   Nicky Di Paolo
 
 
Carissima Sr. Rita,
tu che amavi tanto l’Africa te ne sei andata l’altro giorno, in una freddissima notte invernale. Avevamo potuto riabbracciarci in una domenica dello scorso settembre a  Roma, con la complicità di fortunate coincidenze. Ma, a una lettura più profonda, si è trattato non di semplici coincidenze, ma di segni e di messaggi che rivelano realtà di ben altro spessore. Ci eravamo date appuntamento a Roma per incontrare Sr. Annunziata, prima che facesse ritorno ad Asmara, noi sue ex allieve dell’Istituto delle Suore Comboniane situato all’Amba Galliano, alla periferia dell’Asmara. Era giunta perfino Geula da Tel Aviv, sempre pronta e disponibile a questi incontri. La notizia che Sr. Rita, giunta dall’Eritrea, stava transitando da Roma per raggiungere Verona,  ha spinto alcune di noi  alla decisione di volerTi comunque incontrare, anche se per brevi istanti. Al di là di ogni retorica, è stata una grande commozione. Il timore che soggiace agli incontri che avvengono dopo un lunghissimo tempo ( per alcune di noi più di quaranta anni!) si è dissolto in un grande abbraccio, non solo fisico. Ci siamo guardate, immediatamente riconosciute, i segni del tempo non avevano cancellato la vera identità dei volti. Hai chiamato ciascuna per nome, ti ricordavi finanche i nomi dei nostri figli… Un flusso di ricordi e di emozioni, rammentavi di ciascuna di noi, episodi lontani, risalenti a quando eri la nostra giovane insegnante di matematica. Le categorie dello spazio e del tempo si erano dissolte: né spazio né tempo ci avevano diviso. Un’ombra e un’inquietudine aleggiavano e riguardavano il Tuo stato di salute, ma la Tua serenità a proposito era grande, dicevi di affidarti completamente al Signore. Le ultime telefonate a Verona, la speranza di poterci ancora rivedere, la richiesta di incontrarci comunque nella preghiera. Non ci è stato più concesso. Proseguiremo ancora il nostro viaggio “insieme”. Tu continuerai a vivere perché noi ti ricorderemo sempre quando ci hai accolte in qualità di insegnante;  poco più che bimbe, siamo cresciute con la tua presenza che avvertivamo a volte anche “ferma”. Un vero insegnante è esigente, sa di poter pretendere. Gli allievi quando crescono finiscono per ricordare con più affetto e gratitudine gli insegnanti più pretenziosi. Dietro la fermezza c’era infatti un profondo interesse umano per ciascuno dei tuoi. Da vera educatrice volevi conoscerci  nel profondo e ti rapportavi di conseguenza con le singole identità. Ne è la prova che, passati tantissimi anni, ricordavi con affetto episodi, caratteristiche, avvenimenti… Ma forse il ricordo più bello che porteremo è ciò che abbiamo scoperto di Te, una volta cresciute, quando,  lasciata Asmara, siamo diventate donne mature. Abbiamo saputo e capito quale era stata la Tua scelta davvero missionaria, la Tua  dedizione assoluta verso i poveri, la scelta dell’Africa come vera casa. Tanta bontà poteva solo essere intuita perché Tu non facevi trapelare la dedizione,  l’impegno che mettevi ogni giorno per alleviare le sofferenze dei bisognosi. La Tua sofferenza era sempre taciuta. Abbiamo saputo che le Tue  ultime parole prima di morire sono state “ Non dimenticate i miei poveri…” Se sei riuscita a seminare tanto amore attorno, non è cosa da poco. Come una candela ne accende un’altra e così si trovano accese migliaia di candele, così un cuore ne accende un altro e così si accendono migliaia di cuori – Lev Tolstoj Ti abbracciamo ancora, come quando ci siamo viste recentemente a Roma, abbracciamo anche Sr. Annunziata, sappiamo del legame che vi univa, ora rimane lei a dare continuità ad un sentiero segnato da ricordi e affetti.  Non ti dimenticheremo.    Le tue allieve, 24-1-08
 
 
Carissimi,
scrivo a voi per chiedervi di pubblicare la notizia della morte di una carissima sorella comboniana: sr. Rita Borghi. Un pezzo di storia dell’Eritrea se ne va con questa donna meravigliosa che ha amato questa terra come pochi.   Vi scrivo in oltre per chiedervi di divulgare anche questa idea: scrivere un libretto su di lei attraverso le testimonianze di chiunque desidera dare questo contributo. Penso sia doveroso per la storia di ieri, di oggi, ma anche per quella di domani, lasciare tracce di una vita come questa. Vi lascio i miei recapiti per chiunque voglia collaborare. Per chi fosse nei pressi di Roma informo che in febbraio (data da fissare) celebreremo una santa messa in suffragio di sr. Rita.   Grazie infinite… e grazie per il bel sito. Sr. Elisa   I miei recapiti   Per email: elisa@comboniane.org
Per posta:
Sr. Elisa Kidanè Suore Missionarie Comboniane
C.P. 12341 – Roma Belsito 00135 – ROMA  
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Gentile Sorella, ho avuto modo di conoscere Suor Rita in uno dei miei tanti  viaggi in Eritrea e ne rimasi colpito per la sua lucidità e intraprendenza. Saremo lieti di pubblicare sul nostro sito contributi che riguardino la vita di questa straordinaria missionaria. Distinti saluti. Nicky Di Paolo
 
 
ERITREA OGGI – corrispondenza da Asmara di Virginia Martinez Tagliavia*

E’ bagnata dal mare delle sirene, i dugonghi dai seni rigonfi che gli antichi marinai ascoltavano ammaliati cantare e lamentarsi nel loro giocare scomparendo e riapparendo nelle acque infide del Mar Rosso dagli scogli corallini e le subitanee tempeste: inseguendoli, perdevano se stessi e le loro navi. La mia amica Patrizia racconta che un paio di mesi fa, vicino Gurgussum, dalla spiaggia ha sentito in dugongo piangere lungamente come un bambino la morte della compagna il cui grande corpo giaceva sulla sabbia, cullato dalle onde della risacca. Perché è morta? Questo è ancora il mare delle sirene!
 
Quest’anno ho esitato a lungo prima di scrivere qualcosa sulla mia esperienza in Eritrea. Semplicemente, non potevo. Troppe le esperienze da dover esprimere, su di un Paese che rientra nella nostra storia e che è nato dalla volontà politica di un’epoca – che dall’Italia sembra lontanissima ma che in Eritrea non lo è affatto – in cui la politica estera richiedeva di conquistare, inventarsi, costruire per intero una Nazione e civilizzare i suoi pochi abitanti, anziché occuparsi di risanare e civilizzare il proprio Paese appena costituito e unificato. Intorno all’ultima decade dell’800, da tutta l’Italia cominciarono ad andare in Eritrea, a costruire città, porti strade scuole industrie fabbriche, aziende agricole. Era un fervere di attività, dove l’ingegno e l’operosità di tutti diede vita ad un sogno. Poi, altri sogni di grandezza spinsero verso Somalia ed Etiopia e fu la fine, che travolse nel giro di pochi anni tutto il Corno d’Africa in un vortice di guerre, di oppressioni e ritorsioni. Un Paese meraviglioso e industrializzato, con porti carichi di merci, opere idrauliche e ingegneristiche imponenti, una terra fertile coltivata ad agrumi e cotone, nel dopoguerra fu governato dagli inglesi che diedero mano libera al brigantaggio locale per ritorsione contro gli italiani; poi giunse come un regalo nelle mani avide del potere etiopico che non perse occasione di sfruttarlo e asservirlo, fino alla ribellione. La classe politica italiana, a parte alcuni casi, spesso speculò affari o maldestramente se ne lavò le mani.
 
Gli italiani che costruirono e fecero la ricchezza del Paese sono andati via quasi tutti dall’Eritrea, spesso a mani vuote e abbandonando ingenti capitali, a partire dall’epoca delle nazionalizzazioni di Menghistù; i pochi connazionali rimasti, spinti dalla passione e dall’amore per questa terra che non vogliono abbandonare, hanno talvolta una vita complicata. Quelli tornati in Italia vivono ancora oggi nel ricordo del paese felice e baciato dal sole della loro gioventù e si tengono in contatto tra di loro radunandosi spesso; hanno fondato un giornale, il Mai Taclì, che tiene le fila dei ricordi e della nostalgia dei tempi andati.
Lo sapete che ad Asmara c’era l’Upim? Ma oggi Asmara non è più quella di un tempo. Gli eritrei sopravvivono almeno in parte grazie alle rimesse degli emigrati, e il governo con la sua politica autarchica tenta di inculcare nel popolo un senso di piena autonomia, spingendolo a non dipendere dallo straniero.
 
Adesso, nella ignorante percezione dell’italiano medio, l’Eritrea è piombata nella bruma incerta dell’Africa degli sbarchi clandestini, luogo incerto sia per ubicazione che per vicende, rimossa forse anche dai libri di scuola dove si tende probabilmente a nascondere il passato colonialista. Francia, Spagna, Gran Bretagna, Portogallo, Germania non potrebbero mai vergognarsi del loro passato né abbandonare i loro interessi politico-economici verso i territori da loro colonizzati!
 
Ma Asmara da noi non fa notizia e non è di moda, anche se legata a noi per vincoli di sangue che si notano spesso anche nei tratti degli abitanti: nella coscienza collettiva dei giornalisti e dei corrispondenti esteri italiani, rientra in una categoria “invisibile” così come la gente che lì vive; risulta più politicamente corretto parlare del Sudan, della Birmania o della Corea del Nord, dove almeno succede qualcosa. Andando ad Asmara, ci si chiede che cosa si nasconde dietro una città del tutto italiana e per nulla africana, per architettura e ritmi di vita. La città è linda e ordinata, i prospetti dei palazzi mostrano i segni degli anni, ma l’ordine regna ovunque. Donne anziane, a coppie, ogni mattina puliscono le strade; altre rifanno i marciapiedi; altre ancora, ma più vecchie, chiedono l’elemosina con una piccola manina ossuta che spunta da un mucchio di stoffa bianca accoccolata per terra contro un muro. Come spesso anche le donne, gli uomini sono impegnati nel servizio militare, sia ai fronti con Etiopia e Gibuti che a vario titolo: ecco più in là una squadra che fa i lavori di riattamento di una vecchia palazzina anni ’30. Ma la lussureggiante Stella di Natale che rosseggiava nel suo giardino, adesso non c’è più, sacrificata sull’altare degli asettici spazi del cortile di un nuovo internet-cafè che sta sorgendo e che ovviamente attrae moltissimo i giovani di qua.
 
Per le strade silenziose ed assolate, passano poche macchine e qualche autobus stracolmo dallo scarico mefitico, minibus e biciclette. Il petrolio costa così tanto che hanno spento i semafori inutili: sul corso principale ne sono rimasti solo due, tanto c’è poco traffico. Spesso, mi sembra quasi ridicolo andare con l’auto di rappresentanza con la bandierina. Mi piace confondermi con la gente comune, per quanto possa mimetizzarmi io, di pelle bianca. Ma qui si è abituati a noi da sempre e non si è dimenticata la buona educazione: spesso gente sconosciuta incrociandomi per strada, nel corso fiancheggiato di belle palme, si scappella al mio passaggio con un inchino, come usava da noi nei tempi andati. Ma solo gli anziani, vestiti con abito scuro, cravatta ed anche il gilet. Un Borsalino in testa.
Siamo ad Asmara, terra che fu italiana. Si ritrova un’Italia imprevedibile che siamo abituati a pensare sepolta nel passato, come figlia di una dolorosa vicenda rimossa, ma pur sempre reale. Si è immersi in un mondo denso di storie e ci si aspetta quasi di incontrare, come in un film, i fantasmi degli italiani che lo hanno costruito. Anche quelli che hanno progettato nello stesso piano regolatore, come si usava nella Roma dei Cesari, la Cattedrale di rito latino, quella di rito ortodosso e quella ortodossa, la Sinagoga e la Moschea: anche adesso come in passato, qui convivono pacificamente ortodossi, cattolici, musulmani ed ebrei, etnie differenti hanno sempre convissuto e non si ammazzano a vicenda.
 
Ma qui, dove tutto parla dell’Italia, in Ambasciata con il personale ridotto non c’è neanche un addetto culturale: figurarsi un Istituto di Cultura! Per fortuna ci soccorre la professionalità volontaria dei docenti della Scuola Italiana e la Casa degli Italiani che ci accoglie nei suoi storici locali. Pensare che i francesi hanno qui invece l’Alliance Francaise, per non parlare dei molti British Councils! Mi piacerebbe fare un giro dell’Eritrea, prima di andar via. Ma non è facile: come diplomatici, dobbiamo chiedere il permesso di uscire da Asmara almeno 10 giorni prima, dobbiamo dire dove abbiamo intenzione di andare e poi ci sarà eventualmente rilasciato un lasciapassare da esibire ai posti di blocco. Vorrei visitare Barentù e anche la famosa città di Nakfa, da cui prende addirittura nome la valuta locale per la strenua resistenza e la vittoria della guerra di liberazione dall’Etiopia. Ma finora non ci hanno dato il permesso. Non c’è guerra effettiva, ma è come se ci fosse, quotidianamente presente, alla televisione, negli spettacoli e nelle manifestazioni pubbliche: rievocazioni e incitamenti patriottici, canti, balli, cori e canzoni di guerra. Si esalta la morte degli eroi e si incita all’orgoglioso patriottismo.
 
Anche il nostro lavoro ha spesso a che vedere con la morte: quanti italiani (e quanti ascari), hanno lasciato la vita qui e sono sepolti nei cimiteri di guerra, Asmara, Massaua, Dogali, Adi Quala, dove riposano gli eroi di Adua che si vede lontano al di là del confine sui picchi dell’Etiopia, Cheren: il colonnello De Cristoforis, il generale Arimondi, il generale Da Bormida, il maggiore Toselli il maggiore Galliano, il generale Lorenzini e tanti altri… Ma sono nomi che certamente gli italiani conoscono più dalla toponomastica stradale che dai testi di storia.
 
Allora, dico agli amici di venirmi a trovare: farei conoscere loro grandi storie d’amore per questa terra, come la biblioteca di Fratel Ezio con i suoi oltre 700.000 volumi sull’Eritrea. Fratel Ezio è un certosino raccoglitore di tutte le testimonianze sull’Eritrea e sul Corno d’Africa: con incredibile passione e lungimiranza colleziona da decenni tutti i libri di storia, religione, linguistica e filologia, le cronache, riviste antiche, i giornali e quotidiani. a cominciare da quelli lasciatigli dai primi italiani che sono partiti da qua. Chiunque voglia studiare qualsiasi aspetto della cultura locale non può esimersi dall’andare a studiare alla Biblioteca, cui è annessa la scuola di rilegatoria del Pavoni Center diretta per anni da Fratel Marco – adesso tornato purtroppo in Italia – dove non solo si rimettono in perfette condizioni i volumi, ma vi è una scuola pomeridiana dove si insegna il mestiere ai ragazzi. Vorrei raccontare del torrido deserto della Dancalia, dove la missione italiana del prof. Abbate ha trovato il teschio della “Signora di Buja” risalente ad un milione di anni fa, dominato dalle alte cime dell’Amba Soira e dai precipizi delle vicine rovine axumite di Cohaito e di Materà. O invece vorrei che qualcuno conoscesse quei famosi tucul di Cheren, dove vive Suor Kibra, e che lei ci illustrasse i suoi progetti educativi per insegnare alle donne quali sono i loro diritti umani e per spiegare che l’infibulazione è un male: ho visto un video su come la fanno, sulle bambine di dieci anni o sulle neonate di due mesi e non ci ho dormito per due notti. Lo Stato Eritreo ha proibito con una legge la pratica dell’infibulazione, ma è un uso troppo radicato per sparire senza una massiccia campagna d’informazione.
 
Ho imparato che quasi tutte le donne del Corno d’Africa, molte dell’Egitto e del Sudan hanno mutilazioni genitali, sono parecchie decine di milioni di persone: quante malattie e infezioni, quante sofferenze silenziose e inconfessate, quante ne muoiono al parto insieme al neonato e quanti orfani rimangono da accudire! Ma questa è una terra di sentimenti e contrasti profondi, di comportamenti estremi nella loro fiera logica a volte per noi occidentali poco comprensibili, il peso cinico degli usi tribali frammisti a levità incredibili. Terra dove si trova ancora la bellezza primordiale dell’ambiente e degli uomini, dove come per corsi e ricorsi le civiltà del mitico paese di Punt e poi di Adulis sulle sponde del Mar Rosso sono state cancellate dal vento e dalla sabbia e per millenni sepolte nell’oblio insieme ai suoi abitanti e dove adesso l’influenza occidentale regredisce, dopo millenni di cristianesimo e di tolleranza, per lasciare il passo all’Islam e all’integralismo portatori di petrolio, alla Cina che espande i suoi mercati e la sua invadenza economica.
 
Come suggeriva Lorenzo il Magnifico, conviene allora approfittare finché siamo in tempo e dirigerci verso la meta rasserenante delle isole Dahlak, lì dove ogni altro interesse del turista straniero annega nella bellezza del mare, dei solitari bianchi isolotti corallini emergenti da un multicolore giardino subacqueo e delle magiche notti stellate del Mar Rosso, dove echeggia a volte il canto d’amore del dugongo.
 
* consorte dell’ambasciatore d’Italia in Eritrea. Corrispondenza pubblicata nel Bollettino dell’Associazione Consorti Dipendenti Ministero Affari Esteri, ottobre 2008 Da: engran@alice.it
Data: 21/12/2008
 
 
Egregio Dottor Di Paolo,
Grazie all’architetto Silvio Pompei ho scoperto il vostro meraviglioso sito, ritengo che quanto Voi fate sia straordinario ma anche dovuto per le popolazioni dell’AOI che tanto furono legate a noi. Negli anni 1967 1968 ero pilota a Mena Saud  Neutral Zone Arabian Gulf ed avevo come skipper un Eritreo AMIN che naturalmente parlava italiano e che era una persona fantastica. Io non capirò mai perchè gli italiani ed i suoi insipidi governi hanno dimenticato gli Eritrei che ci hanno veramente amato per aiutare, spesso inutilmente, il resto del mondo. Ma la ragione per cui disturbo è che molti anni fa mio cugino Giovanni Badino durante una sua spedizione scientifica in un remoto villaggio brasiliano ha incontrato un certo italiano MARANONI o MARINONI che viveva pressoché come un eremita ma che era protetto dal governo centrale brasiliano; i locali dicevano che il signor Marinoni o Maranoni era stato un altissimo personaggio fascista nell’AOI e che aveva dovuto emigrare per ragioni politiche. Io non ho trovato alcun riscontro tranne l’esistenza del vescovo di Asmara Marinoni, ma mi sembra impossibile credere che siano la stessa persona. Vi sarei molto grato se poteste aiutarmi. Inoltre il mio circolo culturale apartitico cura un sito storico www.ragazzidelmanfrei.it piuttosto dedicato a storie dimenticate sarebbe possibile eventualmente prendere un vostro articolo sempre citando la fonte? Tanti cordiali saluti.
Eugenio Battaglia, 12/01/2009
Via Termi, 8
17047 Quiliano SV bateugenio@yahoo.it  
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Egregio Sig. Battaglia, Grazie delle buone espressioni che ha verso il nostro Sito. Conoscevo Mons. Marinoni; anche se ero un  ragazzo, avevo modo di incontrarlo spesso per i rapporti che teneva con mio padre. Il Vicario Apotolico non poteva aver nulla a che fare con il personaggio  Maranoni in quanto la vita di Mons. Marinoni è ben nota e limpida nella sua  storia africana e italiana. I nostri scritti sono tutelati da copyright. Per ottenere il permesso di pubblicarli basta fare una richiesta scritta a questa redazione che provvederà, salvo incompatibilità, a dare il suo benestare. Cordiali saluti, N. Di Paolo
 
 
Buonasera,
complimenti per il Vs. sito, l’ho trovato veramente interessante e ricco di informazioni storiche, religiose ecc. sull’Etiopia. Sono un’appassionata di croci e sul Vs. sito ho finalmente trovato esatte indicazioni sul significato delle croci etiopiche da me tanto amate. Potete fornirmi indirizzi o siti dopo posso acquistare croci a ciondolo in argento di origine etiopica? Vi ringrazio anticipatamente. Cinzia Marcello, 13-1-09 emmexci@aliceposta.it  
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Le posso indicare un negozio di artigianato etiopico a Milano in via Panfilo Castaldi, di fronte al tour operator Afronine. Cordialità. Alberto Vascon
 
 
Siamo una coppia di Isernia Eugenia Ferrari e Domenico Marzilli.
Stiamo organizzando un sito sull’Etiopia per raccogliere fondi, medicinali e vestiario da portare nella capitale probabilmente nel mese di marzo aprile. Stiamo per concludere un’adozione internazionale e saremo lì per 10 giorni a conoscere nostro figlio/figlia!!! Vorremo insieme ad altre coppie che partono con noi portare negli orfanotrofi di Addis Abeba tutto quello che riusciremo a raccogliere (ovviamente con l’aiuto degli operatori dell’ente internazionale). Nel sito sto organizzando una sezione sull’Etiopia, usi e costumi, cucina, poesie, letteratura, fotogallery. Mi piacerebbe riportare alcuni testi tipo la cerimonia del caffé e l’ombrello e l’Abissinia!(ovviamente citandoti come autore) poi  i proverbi e le poesie africane. Grazie  
Eugenia, 10-1-09 eueffe@hotmail.com  
Egregi Signori, tutto ciò che può apportare aiuto agli abitanti del Corno d’Africa ci interessa. Vi concedo il copyright per tutto ciò che è nel nostro sito e firmato dal sottoscritto. Inserirò la vs. letterina nel nostro sito, con la speranza che a qualcuno venga voglia di darvi una mano. Buon lavoro e auguri,   Nicky Di Paolo
 
 
Egr. Dott. Di Paolo,
nel fare una ricerca sulle ferrovie eritree mi sono imbattuto nel vs. sito e l’ho trovato ben fatto, ricco di informazioni storiche e soprattutto di giudizi equilibrati su fatti e misfatti della nostra amministrazione coloniale. Però non ho visto nessun commento sull’Eritrea di oggi, sull’attualità. Certo è utile anche oggi conoscere la spedizione di Martini nei territori Cunama e anche queste informazioni posso essere utili a tracciare i confini di oggi, ma a me interessa pure sapere cosa pensano gli eritrei di oggi dell’Italia e degli italiani, cosa si sta facendo anche a livello governativo per tenere vivi i rapporti tra i due paesi, cosa pensate voi ex coloniali del presidente Isaias Afeworki (non so se si scrive così). Come lei scrive siete l’ultima generazione ad avere dei ricordi diretti della presenza italiana in quella terra e secondo me siete i più indicati per fare da ponte tra due mondi che si stanno allontanando. Dico questo perchè sono stato in Eritrea una sola volta nel 1993 a ridosso dell’indipendenza, e solo i più anziani parlavano e comprendevano l’italiano (figurati ora)  anche se tutto ai miei occhi era Italia o meglio l’Italia dei miei nonni. Ricordo le discussioni circa l’orgoglioso rifiuto dell’aiuto italiano nella ricostruzione della ferrovia. (Hanno voluto far da soli ma avrebbero certamente fatto prima.) Non conosco la situazione attuale e di chi siano le responsabilità dell’ultima guerra con l’Etiopia ma le chiedo: non sarebbe meglio se il presidente Berlusconi, anzichè dare baci e abbracci a Gheddafi, portasse qualche aiuto agli eritrei per tanti anni fedeli all’Italia e che non portano rancorosi ricordi dell’occupazione italiana? Non sarebbe giusto istituire un flusso immigratorio privilegiato per gli abitanti della ex colonia? Sono ancora in attività l’ospedale ed il liceo italiano, esempi di buon funzionamento in quel disastrato paese? Pensate che un imprenditore italiano abbia spazio per lavorare in questo paese? Grato se vorrete  rispondermi, porgo cordiali saluti.
Lorenzo Varaldo ( bis bis bis nipote di un caduto di Adua), 8-12-08 lorenzo.varaldo@virgilio.it  
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Egr. Sig. Varaldo, sono sostanzialmente d’accordo con lei. Gli eritrei li ho nel cuore e biasimo tutti i governi italiani passati nonché l’attuale per la totale indifferenza mostrata verso i figli di quegli ascari che si sono schierati al fianco dei nostri padri in tante battaglie combattute per soddisfare esigenze espansionistiche. Il nostro sito esordì anni fa con un editoriale che faceva un onesto esame della situazione politica italiana ed eritrea. L’editoriale fummo costretti a ritirarlo per le pesanti e serie minacce ricevute. Non ci si deve meravigliare se ciò può  accadere. Noi, ultimi testimoni di un tempo che fu molto importante per l’Italia, siamo spesso oggetto di insulsi giudizi. Le riporto, come esempio, le esatte parole che Gianpaolo Calchi Novati ha scritto di me nel suo saggio del 2005 ” La controversia sull’Eritrea: popolo, nazione stato”:  “Non mancano le reviviscenze coloniali, a posteriori, coinvolgendo la stessa Eritrea nell’aggressione contro l’Etiopia da parte dell’Italia fascista. Il caso estremo è un romanzo di Niki Di Paolo, fin troppo compiacente nei riguardi del colonialismo italiano come se fra italiani ed eritrei ci fosse una perfetta sintonia e un’assoluta equità di trattamento. L’autore si fa prendere la mano quando arriva a scrivere che la conquista dell’Etiopia fu resa possibile dal coraggio e valore dei soldati eritrei reclutati nell’esercito italiano, senza rendersi conto che una simile versione corrisponde esattamente a quella della propaganda etiopica quando scredita l’Eritrea e gli eritrei come docili strumenti dell’imperialismo e del fascismo.” Queste sono le vedute degli storici delle nostre università (dico storici perché sono in diversi, come Del Boca e Dominioni) che sostengono  tesi elaborate a tavolino, contrapposte alla logica del nostro vissuto africano). Cosa possiamo aspettarci dai governi italiani che di solito riflettono il pensiero sostenuto negli atenei senza mai accorgersi del ruolo giocato da specifiche  ideologie che gli stessi studiosi si vantano di professare?  Come possiamo agire noi che storici non siamo se non sostenere con rabbia che questi esperti, ai quali si possono tranquillamente aggiungere buona parte dei giornalisti che si sono occupati del Corno, scrivono cose non vere, partendo da presupposti sbagliati? Personalmente ritengo che la verità storica si impone sempre e non va manipolata. Gli ascari hanno combattuto a fianco degli italiani in tante battaglie contro gli etiopici, felici di battersi e coprendosi di gloria. Questa sacrosanta verità non può essere distorta. Ribadisco che ho citato solo un esempio, ma si potrebbe continuare a lungo. Oltre a pubblicare le nostre verità, altro non possiamo fare. Le lettere come la sua sono ben accette perché ci danno l’opportunità di intervenire. Cordiali saluti, N. Di Paolo
 
 
Gentile Nicky Di Paolo,
Sono Marco Chiaramida classe 57 di Roma. Da qualche tempo cerco notizie sulla storia della mia Famiglia, specialmente di mio cugino Pietro che si trovava in Massaua nel 1942, fuggito alla cattura e rifugiato presso la famiglia Martini. Era un maresciallo di marina. Volevo chiederle se era possibile ritrovare la storia vera di mio cugino perché dalle poche notizie che ho pare che sia sepolto nel cimitero di Massaua. Ho letto molte lettere della vostra redazione di persone alla ricerca di loro parenti e familiari, con una certa emozione pensavo di trovare qualche contatto tramite i loro parenti che sono stati durante la guerra insieme a mio cugino. In attesa di una risposta Le porgo distinti saluti. mchiaramida@hotmail.it, 8-12-08  
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Egregio sig. Chiaramida, non sono in grado di effettuare ricerche di questo tipo. Posso solo dirle due cose: 1) L’unica pensione “Martini” a  Massaua era quella di mio zio Antonio Martini, che gestiva assieme alla moglie Elisa Di Paolo (sorella di mio padre). Non esistono documenti di quella pensione, i cui attori sono tutti deceduti da decenni. 2) L’unica persona che forse può aiutarla è Gian Carlo Stella, titolare della “Biblioteca Africana” di Fusignano (RA). Troverà  i dati sul nostro sito. Cordiali saluti.   N. Di Paolo
 
 
Egregio Signor Vascon,
leggo spesso le meravigliose e interessanti informazioni sul Corno d’Àfrica. Io mi chiamo Gianna Tonelli e sono nata ad Assab nel 1947. Figlia di Mario Tonelli e Liboria Cannata, mio nonno Saverio Cannata ha vissuto fino alla fine del ‘47 ad Assab. La sua tomba l’abbiamo fatta trasferire all’Asmara nel ‘70. Io vorrei sapere di più su di lui, purtroppo mia mamma era cresciuta dalle Suore ad Asmara dato che la sua mamma non si curava di lei. Nonna Fatma aveva 14 anni quando nacque mia madre. Mia madre non sapeva tanto di mio nonno Saverio. Alcune cose, lui andò a ricevere gli Ìnglesi quando vennero in Eritrea, ad Assab.Tutti i nomi che vengono nominati noi tre, mia sorella mio fratello ed io, Franchetti etc., li abbiamo sempre sentiti. Io ora vivo in Germania da 40 anni. Come vede il mio Italiano fa pena. Anche mia sorella vive qui a Berlino. Noi andammo via nel ‘70 circa. I miei non ci sono più, ora la mia domanda a lei. Se lei ha qualche informazione su mio nonno, oppure dove potrei aver informazioni. Le sarei veramente grata se mi potesse informare con una mail. La ringrazio per aver speso il tempo di leggere la mia lettera e le mando un grazie di cuore per  il lavoro sul Corno dÀfrica. Qui a Berlino mia sorella ed io siamo andate alla lettura di Erminia dell’Òro. Non so se ci ha creduto quando noi le abbiamo detto che venivamo dall’Eritrea, gli ultimi anni abitavamo all’Asmara, io studiavo al Comboni, Rita all’Amba Galliano e mio fratello al liceo scientifico. Abitavamo sopra l’Assicurazione Adriatica. La saluto e grazie. Dankeschön.  
Gianna Tonelli Kirstein, 16-8-08 Gianna47@web.de  
Preg.ma Sig.ra Tonelli, aprendo “Il Corno d’Africa” ho trovato la Sua lettera. Conosco un poco la vita di Suo nonno Saverio Liborio CANNATA, nato a Mistretta (Messina) il 7 maggio 1879 e deceduto ad Assab il 1° agosto 1947.  Egli fu in Africa prima a Mogadiscio con un incarico governativo dal 1914 al 1919, poi privatamente ad Assab come direttore della Società  “Migiurtinia”. Nel 1924 rimpatriò per tornare l’anno successivo ad Assab, dove creò una flottiglia di sambuchi. Conobbe personalmente il viaggiatore Raimondo Franchetti essendo un buon conoscitore della Dancalia. Nel 1930 ottenne una concessione di pesca nel Mar Rosso, ma commerciò anche con l’Aussa, la Dancalia e la costa araba di quel mare. Resse la carica di vice-podestà di Assab sino al 1942. Queste alcune succinte notizie tratte dal mio “Dizionario degli Italiani d’Africa”. Mi permetto chiedere se ha lasciato carte e documenti che lo riguardano, essendo una figura che ho studiato e che mi piacerebbe approfondire. Cordialmente: Gian Carlo Stella
 
 
Briciole d’Africa
cari amici,
vi ringrazio di cuore per le deliziose chicche che mi avete offerto. Alle interessantissime notizie sul tallero e sull’ombrello avete intarsiato struggenti favole e commenti quantomai appropriati. Avete chiuso, a sorpresa, con le delicate ricette di cui tutti andiamo ghiotti. Grazie ancora per avermi regalato un giorno di squisita lettura.
Angelo Granara, 11-8-08 frangelog@libero.it
 
 
Gentile Dott. Di Paolo,
per la prima volta pochissimi giorni fa mi sono imbattuto in questo sito e in quello di Gian Carlo Stella e li ho trovati fatti con molta passione, immenso amore e tantissima nostalgia. Complimenti vivissimi. Ho letto tra le varie lettere che le sono state inviate quella della Signora Allasia che cerca notizie di Ladislao Della Porta Rodiani Carrara. Io, nel ricopiare i diari di mio padre Giorgio che fu in Somalia tra il 1924 e il 1928 e poi tra il 1935 e il 1936, mi sono imbattuto nella citazione di questo cognome come residente di Brava nel 1926 ma il nome non coincide. Infatti mio padre sostiene di essere stato suo ospite a Brava nel 1926 ma il nome di battesimo sarebbe Gerardo. Non so se alla Signora Allasia interessi, ma se in qualche modo le potessi essere utile cercherei di farlo. Io invece cerco notizie di Giacomo de Martino quando fu Governatore dell’Eritrea mentre ne ho per il periodo precedente di quando era in Somalia. Le notizie le sto cercando per mia moglie essendo il de Marino il suo bisnonno. Ancora vivissimi complimenti per il vostro lavoro.  
Paolo de Vecchi di Val Cismon, 10 agosto 2008 pdevecchidivalcismon@alice.it  

Ma fantastico, che bella sorpresa! Mi ricordo benissimo di quando mio padre parlava di De Vecchi di Val Cismon. Non credo invece che Della Porta sia mai stato in Somalia, però ho trovato, sempre grazie a te, un contatto interessantissimo con un suo discendente. Credo che De Vecchi sia di Torino, lo cercherò subito. Ti ringrazio infinitamente e anch’io mi complimento ancora moltissimo per l’ efficacia della tua passione.   
Claudia Allasia, 11 agosto 2008 allasia@tin.it
 
 
Buongiorno,
mi chiamo Antonio Ippolito e cerco di spiegare brevemente il motivo di questo contatto. Sono un odontoiatra ma la mia passione è l’Africa e nella fattispecie l’Eritrea, paese che ho conosciuto personalmente nel 1994, quando ho svolto un’esperienza di volontariato che si è ripetuta anche l’anno seguente. Poi ci sono tornato altre volte, anche per sposarmi ( 3 anni fa). Attualmente sto frequentando a Torino un master universitario sullo “sviluppo della salute orale nei paesi in via di sviluppo” e avrei intenzione di presentare come tesi un lavoro sulla medicina tradizionale africana e sue eventuali applicazioni in campo odontoiatrico.
Sono arrivato a lei ed al suo interessantissimo sito attraverso una ricerca effettuata parecchio tempo fa su Internet. Alla luce delle sue profonde conoscenze del corno d’Africa, mi saprebbe dire se esiste del materiale bibliografico a cui potrei accedere o comunque informazioni sull’argomento. Nei miei viaggi ho conosciuto ad esempio il popolo cunama, ma non dal  punto di vista della medicina tradizionale. Ad ogni modo la ringrazio anticipatamente per avermi letto e per eventuali informazioni che dovesse fornirmi.   Cordiali saluti   Antonio Ippolito, 28-3-08  
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Egr. Sig. Ippolito, qualcosa abbiamo scritto sulla medicina tradizionale abissina (Hakim, Quasi quasi torno in Eritrea). E’ stato pubblicato molto al riguardo. Le consiglio di consultare: 1) Biblioteca nazionale di Firenze 2) Biblioteca dell’Istituto Agronomico  per l’Oltremare di Firenze 3) Biblioteca Africana di Fusignano Molti saluti e buon lavoro,   N. Di Paolo
 
 
Gentile Nicky Di Paolo,
sono Claudia Allasia, classe 1948, critico di danza di Repubblica-Torino. Da qualche tempo cerco notizie sulla storia africana della mia famiglia e di quella di mio marito. 
– mio padre, Tommaso Allasia, negli anni 20 e 30 ha preso in concessione un grande terreno in Somalia, tra il Giuba e l’Uebi Scebeli, che ha trasformato in piantagione di banane. Su di lui ho del materiale, e anche una cartina con le piantagioni degli Italiani. – circa il bisnonno di mio marito, Costanzo Bonetti, mia figlia ha trovato tracce a Parigi sul Who’s Who dell’ Eritrea, e io la citazione “Costanzo Bonetti, arrivato nel 1884, industriale e ingegnere” tra le pagine interessantissime che avete pubblicato on line sull’Eritrea. Poiché questo nome compare nelle stesse righe di Suo nonno Di Paolo, mi chiedo se Lei può aiutarmi a trovare notizie anche di:
– Giovanni Origlia, ingegnere e industriale. Ha diretto i lavori della 2° diga di Assuan (la sopraelevazione in legno, del 1912. Le maestranze erano carpentieri, tutti del Canavese, Piemonte, mentre l’impresa era inglese. Ho una lettera in cui G.Origlia scrive alla zia che gli Inglesi gli davano carta bianca, erano molto soddisfatti e pagavano regolarmente. Ma poi, il giorno dell’ inaugurazione, gli Inglesi (che prima non si erano mai fatti vedere), hanno appeso uno striscione che diceva: “Questa diga è opera della ditta inglese XY”. Non una parola sugli Italiani che, offesi, sono tornati all’accampamento e hanno issato il tricolore sulle tende. Poi Giovanni Origlia ha conosciuto l’ingnegner Bonetti, ha sposato una delle due figlie e fatto con lui la ferrovia per il Negus. L altra figlia di Bonetti ha invece sposato il conte Ladislao della Porta Rodiani, che ho trovato citato on line, nel Suo bellissimo capitolo “Emigranti italiani verso il Corno d’ Africa”, tra i nobili arrivati in Eritrea dopo il 1930. Dunque, caro Nicky, essendo anch’ io parte della grande famiglia  degli Italiani in Africa, oltre a esserLe immensamente grata per avere trovato parole e concetti così efficaci per difendere con passione l’onore e l’operato dei nostri avi nel Corno d’ Africa e in Eritrea, Le chiedo di aiutarmi a trovare altre notizie su Giovanni Origlia e Ladislao Della Porta. La ringrazio infinitamente, a nome dei cinque figli ultraottantenni (ma erano otto!) di Giovanni Origlia e Margherita Bonetti, a nome di tutti i loro nipoti (tra cui mio marito e sua cugina Laile, anche lei appassionatissima di questa storia) e di tutti i pronipoti, tra cui mia figlia, cui vorrei lasciare uno scritto sull’Africa di Famiglia, peraltro già abbastanza esposta  sui tre piani della casa di campagna degli Origlia, a Castiglione Torinese (zona collinare, a diciotto chilometri da Torino), dove mi farebbe veramente piacere averLa ospite con i Suoi cari, in occasione di una Sua visita in Piemonte. Mi permetto di caldeggiare l’invito per il secondo week end di giugno, perché quella domenica, sul prato di Castiglione, da qualche anno facciamo, in grande serenità, un vasto garden party di famiglia, presieduto da zia Nide, Carola, GianGaspare e Armando, che sono nati a Massaua e vissuti in Eritrea fino al 1929, quando il padre ha deciso di rientrare, secondo loro, a causa del crack di Wall Street.  
In attesa di un Suo cenno di risposta, Le invio carisssimi saluti. Claudia Allasia Matta via Accademia Albertina 24, 10123 Torino 
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Gentile Signora. necessita un po’ di tempo e pazienza per una ricerca che a prima vista non sembra semplice. Giro questa sua anche a Gian Carlo Stella, titolare della Biblioteca Africana di Fusignano, l’unico che ci può dare una mano. Le invierò ciò che trovo man mano. Grazie dell’invito e delle gentili parole. A  presto,  N. Di Paolo
 
 
Gentile redazione,
ho avuto notizia del vostro sito dal Chichingiolo. Sono una ricercatrice in musicologia e  mi sto attualmente occupando di uno studio sulle istituzioni musicali italiane in Africa durante il colonialismo, in particolare durante il regime fascista. Mi occupo di musica d’arte. Vi chiedo di aiutarmi nelle mie ricerche attraverso il vostro network o attraverso le vostre personali conoscenze. Sto cercando informazioni su: rappresentazioni musicali e operistiche, concerti, tournèes di importanti artisti italiani; quindi teatri, licei musicali, iniziative o quant’altro poteva essere occasione di rappresentazioni musicali. Avrei bisogno di sapere dove potrebbero trovarsi queste informazioni, fotografie documenti, brochure. Per ora sono a conoscenza dei principali teatri di Tripoli (Teatro Miramare e Uaddan), Bengasi (Teatro Berenice e Alhambra) e Asmara (Teatro di Asmara, Odeon, Impero), ma mi mancano quasi totalmente informazioni su ciò che veniva eseguito e rappresentato, i direttori delle attività musicali e dei teatri, musicisti, orchestre e cantanti. Inoltre sarei interessata a compositori italiani residenti in Africa che si lasciano ispirare dalle suggestioni esotiche nella loro musica, quindi alle loro composiizoni. Anche a eventuali concorsi banditi dal regime. Vi autorizzo a rendere pubblica questa lettera nella rubrica Lettere alla Redazione, corredata dal mio indirizzo e-mail.  Cordiali saluti,   Isabella Abbonizio, abbonizio@email.it,  23-1-08
 
 
I just wanted to thank you and your editor colleagues for your site on the Horn of Africa. I have been going to sites on Ethiopia, Eritrea and the other surrounding countries since they became available on the Internet years ago. I having just found your site, I just had to let you know that your photographs and wide coverage are wonderful and beautiful. I was in Asmara 40 years ago. It was a beautiful city, cosmopolitan and a wonderful place to live. My neighbours were Italian, the cafes, my landlord, butcher, doctor were all Italian. The city had an ambiance that is hard to describe but one I have never seen elsewhere. I am sorry that it changed. I was to Ethiopia in 2004, going to Addis Abeba and Axum where my wife is from. It was a good trip and I was happy to see, if you will, the other side of the coin. Axum is a nice city (town). They tell me that Mekalle is becoming “the new Asmara”. Not quite sure that is possible. Your photographs of the various religious sites are the best I have ever seen. My wife will be amazed. Again thanks, keep up the good work, I will spread the word to those interested in Eritrea and Ethiopia. Contact me any time if I may be of any assistance. I would love to see more about the “old Asmara” and Eritrea. Ciao!     Robert Danders Oakland, California robert.danders@sbcglobal.net  29-12-07
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Dear Robert, Asmara is known all over the world for its unique architectural stile, dated from the time before the 2nd world war, and of course Macallè cannot compete. But Ethiopia is also unique, certainly the most beautiful country in Africa. They are both, to us who have lived there, deep in our hearts. Please show their beauties to your freinds, and tell them that they will always find friendship in those countries.
Nicky
 
 
Spettabile Redazione,
Complimenti per il vostro sito web, che mi ha appassionato e affascinato dopo aver letto il primo articolo! Conosco già le associazioni AIRL e Lybia my Country, ma poco e nulla conoscevo degli Italiani del Corno d’Africa… fino ad oggi! Mi hanno colpito moltissimo le storie di uno scrittore come l’Afework o quelle di un “avventuriero dell’hascisc” come Henry de Monfreid, e soprattutto le storie della Teleferica o quelle della Birreria guidata da Emma Meloni, di cui avevo letto già qualcosa su la rivista GEO del Giugno 2006. Mi ha colpito in particolare la volontà di voler restituire le sensazioni, l’aria un po’ “da sogno” e di entusiasmo che pervase molti coloni, esploratori e persone comuni che – anche se non fu sentita sempre da tutti – caratterizzò sicuramente lo spirito dell’epoca. Posso notare che qua si riesce a dare una rilettura molto onesta e imparziale del fenomeno “colonialismo”, che da altre parti viene spesso riletto sempre all’ombra di un qualche pregiudizio ideologico o politico. P. S. Non so se esiste già  nella vostra Bibliografia, ma io vi segnalo Lo Squadrone Bianco del giornalista Quirico, che narra la storia dei nostri ascari e dei nostri zaptiè… E’ scritto con vera passione! Cordiali Saluti    Alessio Stretti, – 22-11-07  
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Caro Alessio, se vuoi del tu, felice di dartelo, ma nello stesso tempo di riceverlo anche se di anni ne ho 67. Abbiamo disperatamente bisogno di amici giovani a cui lasciare la passione, come la chiami tu, per il Corno d’Africa. Domenico l’ho conosciuto a spasso per le lande eritree (la prima volta che ci si recava); fino a qualche anno fa non ne sapeva nulla, oggi è a ragione da ritenere un esperto. Invidio la tua  fisicità che, finché l’ho avuta, ho continuato ad andare in giro per il Corno (spesso da solo e quelli erano i momenti più esaltanti), ma non ho mai tralasciato l’approccio culturale perché più sai, più godi quella parte del mondo straordinaria. Quindi fatti avanti, c’è posto per tutti e, ti assicuro, ne vale la pena.  
Un caro saluto,   Nicky
 
 
Egregio signor Di Paolo,
ho visto il vostro interessante sito e le chiedo se mi può aiutare in alcune mie ricerche. Mi chiamo Simone Fagioli e mi occupo di ricerche storico-sociali. Attualmente sto facendo ricerche su Celso Capacci (1854-1929), ingegnere e geologo fiorentino, del quale è stata di recente, fortunosamente, recuperata una parte dell’archivio privato: io me sono il curatore.
Nel 1904, da febbraio ad aprile, il Capacci è in Eritrea, a Cheren, per ricerche sulle miniere d’oro, su incarico dello Stato italiano. Le chiedo se avete dati sulle miniere di Cheren, nascita, sviluppo, ecc. e se per caso vi è mai capitato di trovare dati, note, cenni sulla missione Capacci a Cheren. Il Capacci ha anche pubblicato alcune relazioni su questa esperienza, delle quali le posso fornire i dati bibliografici.
Naturalmente può rendere pubblica questa mia lettera nella rubrica Lettere alla Redazione, magari qualche lettore ha dati utili per le mie ricerche. Se la cosa vi più interessare vi posso fornire per il sito una scheda sul Capacci e su questa esperienza.
La ringrazio molto.
Simone Fagioli, simfagpt@gmail.com,  15-11-07 Egregio Sig. Fagioli,
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Giro la sua lettera agli altri redattori per vedere se possono aiutarla.
Pubblicheremo la sua lettera, ci farà piacere aggiungere una scheda come da lei proposta e ci auguriamo di poter avviare un rapporto di collaborazione.
Molti saluti,
N. Di Paolo
 
 
Ai Direttori del  
Mai Taclì
Il Chichingiolo
Il Cornodafrica
Alla Prof.ssa Rita Di Meglio  26-12-05 Loro Sedi  

Mi corre l’obbligo , dopo avere letto l’articolo di Rita Di Meglio sul bimensile MAI TACLI’, sullo stato del nostro CIMITERO D’ASMARA. Conosco quel Cimitero in quanto, da piccolo e da adolescente, i miei, per il giorno della commemorazione dei Defunti, mi portavano lì per rendere un omaggio ai defunti medesimi , anche se i miei non avevano  familiari seppelliti in quel sacro luogo. L’anno scorso, in visita all’Asmara, mi sono recato presso questo Cimitero e sono rimasto dispiaciuto per lo stato di abbandono e di massimo degrado. Si salva soltanto la zona in cui sono stati sepolti i nostri cari Soldati nazionali ed eritrei. So che la nostra Ambasciata cura la manutenzione e la pulizia di questa zona. Non vedo il motivo del disinteressamento nei confronti dei Defunti civili, a me, altrettanto cari, in quanto Italiani! Non voglio lanciare gratuitamente accuse a nessuno, in quanto può anche darsi che la locale Ambasciata non abbia i fondi sufficienti. Allora, se necessario, costituiamo un comitato per fare un energico appello alla sensibilità del Ministero degli Esteri, tramite la nostra ambasciata, al Gen. Luigi Ramponi (nostro conterraneo Presidente della Commissione Esteri)  ed al Ministro Tremaglia, che in questo cimitero vi riposano i resti di suo padre. In alternativa , se non riuscissimo, dovremmo noi stessi costituire un fondo, nel quale confluirebbero le offerte degli amici (ognuno secondo le proprie possibilità). Con la costituzione del predetto fondo si potrebbe anche, sommariamente,  dare un aspetto decoroso al sacro luogo e rispettare la memoria dei nostri cari.   Cordiali saluti  
Francesco Consolo Agrigento
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Egregio Sig. Consolo,   La lettera della Prof. Di Meglio aveva colpito anche me. Ho i nonni e molti zii sepolti in quel cimitero. Ho chiesto ulteriori informazioni a Fabrizio Feo che, residente stabile all’Asmara, è venuto in Italia per le feste natalizie. Un certo degrado, secondo lui c’è, ma esiste anche il problema della scadenza degli anni del diritto alla  tumulazione. Come in Italia, del resto. In ogni caso pubblichiamo la sua lettera che invieremo con questa risposta al generale Ramponi, al Ministro Tremaglia ed all’Ambasciata Italiana in Eritrea, con la preghiera di darci ragguagli in merito. Grazie per l’ attenzione.  
Nicky Di Paolo 
 
 
Caro Alberto,
sto leggendo Tropical Zoom, bellissimo. Filo conduttore l’anima della gente, legato e fuso da colori che dall’ambiente si versano sulle persone e viceversa.
Prendere questo libro in mano è un impatto emozionale non da poco e non solo per chi è stato in Africa. Bella e centrata  l’introduzione.
Complimenti, chissà quanta fatica !
Ciao, Gilberto, <gilbertosilvestri@alice.it>, Genova 25-5-07
 
 
Hakim buongiorno o buonasera,  
Senza alcun dubbio le mie migliori letture, in senso assoluto, degli ultimi anni sono state i Suoi (o tuoi, poi vedremo) Mentuab e Hakim. I motivi sono molteplici perchè, sinteticamente, in molti aspetti abbiamo avuto 1)  “una prima parte della vita parallela” infatti :
– sono nato ad Asmara nel 1951
– mi sono :      
– diplomato geometra nel mitico Bottego di Asmara      
– laureato in Scienze Geologiche all’Univeristà di Pisa
– quasi le stesse esperienze :      
– studente universitario in vacanza ad Asmara
– tirocinio non all’ ospedale, ma all’ “Ufficio delle Miniere” di Asmara ed in  varie missioni Italo-Francesi geologiche, vulcanologiche e geotermiche in Eritrea e nelle Nazioni limitrofe      
– girato in lungo e largo quasi tutta l’Eritrea ed innamorato della stessa       
– profilo basso, direi sconosciuto       
– ambedue siamo Hakim “anche se i sassi non si ammalano”…           
Nessun’altro, che non avesse “respirato la stessa aria”, sarebbe stato capace di farmi rivivere – anche se non in modo nostalgico – il più bel periodo della mia vita, nel più bel posto al mondo, nel più adeguato periodo per la formazione di una persona ed ancor più, nel più bel “feeling” (non mi viene una parola italiana che esprima lo stesso significato), come ha (hai) fatto Lei (tu) col Suo (tuo) straordinario  Hakim – tra l’altro apprezzato molto anche da chi non è mai stato dove siamo nati e non ha “respirato la stessa aria”…   
Detto ciò, ho deciso di darti del tu perchè, se ci fossimo incontrati in quel periodo, lo avremmo fatto automaticamente ed oggi non ci sarebbe stata questa incertezza.  
2) “una seconda parte della vita” totalmente differente, almeno credo :
– tu, se ho capito bene, illustre medico in quel di Siena
– io, praticamente “compro, baratto, trasformo e vendo” pietre ornamentali, antiche e semipreziose di ogni tipo, in giro per il mondo combattendo (anche se non mi lamento troppo perchè sono “roccioso”) ogni giorno con la globalizzazione
– quando non sono all’estero la mia base è nei dintorni di Pisa
– ho perso quasi tutti i contatti con gli Asmarini perchè negli ultimi trenta anni sono stato più all’estero che in Italia o in Eritrea – sono sposato con una “collega”, laureata anch’essa a Pisa, ed ho due figli studenti di ingegneria a Pisa   Arrivo al motivo della presente che avrei voluto scrivere da anni perchè :
–  avrei piacere di incontrarti personalmente, se lo riterrai opportuno e se avrai una mezz’ora da dedicarmi dove e quando ci sarà l’ occasione
–  a breve, mi potrebbe servire un tuo consiglio – non per chiederti favori personali, professionali e/o prestiti (metto le mani avanti perchè in genere uno si ricorda delle vecchie conoscenze, o presunte tali, per uno di questi motivi), ma per tutt’altro motivo di cui ti dirò, eventualmente, a voce.  
Non so scrivere,  per cui scusami per la sintassi da “Hakim dei sassi”. Ti saluto.  
Roberto Quaia, apis@interlapis.com, 30-3-07
 
 
Egr. Signori, ho da poco scoperto il Vostro meraviglioso sito, su indicazione de “Il Chichingiolo”. Trascuro di esternare i complimenti che dovrei, doverosamente, farvi per la qualità del Sito, l’impegno e la serietà con cui trattate gli innumerevoli argomenti, e vengo al punto. Ho ricercato infruttuosamente qualche indicazione riguardante l’eccidio di militari italiani avvenuto nel maggio 1936 in Etiopia, nell’aeroporto di Bonaia, vicino a Lekemti. Si trattava della Spedizione Magliocco, composta di n° 3 aerei in cui, fra gli altri, c’era la Triplice Medaglia d’Oro Locatelli.  Io sono il nipote di un caduto in quell’evento, decorato anch’egli di Medaglia d’Oro.  Tramite “Google plus” ho rintracciato n° 3 spianate circondate da capanne tondeggianti, ma non riesco a definire quale di queste, ancor oggi, conserva gli scheletri dei tre aerei bruciati.  Ho molte fotografie e documenti riguardanti quell’evento e gradirei corrispondere con persone che siano interessate allo scambio di informazioni.  Ringrazio per l’ospitalità. Giorgio Domenichini g.domenichini@tele2.it  
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Egregio Sig. Domenichini, Giro la sua a Giancarlo Stella, storico e titolare della Biblioteca Africana di Fusignano. Solo lui è in grado di darle le informazioni richieste. Cordiali saluti,   N. Di Paolo
 
 
Gent.mo Sig. Vascon
Le scriviamo subito per confermarLe che sabato mattina sono arrivati il libro e i CD. Nonostante qualche impegno, insieme a mia moglie non abbiamo resistito alla tentazione di dargli subito uno sguardo e ci affrettiamo a comunicare le nostre prime impressioni. Dobbiamo dire che, se è possibile, sia il libro che i dischi sono ancora più interessanti e appassionanti delle foto e dei testi che abbiamo ammirato in Internet. Abbiamo iniziato con il DVD “Da Massaua al Nilo Azzurro” rivivendo le emozioni per i posti che abbiamo già avuto la fortuna di visitare e ammirando le spettacolose immagini che ci dà la fortuna di condividere con Lei e con Sua moglie. Anche se dobbiamo ammettere una punta di invidia per poter soltanto vedere quello che sarebbe bello “vivere” personalmente. Non conosciamo l’Eritrea, anche se nel 1989 molte persone incontrate ad Addis erano eritree e qualche desiderio di arrivare sin là lo avremmo, sempre che la situazione politica si stabilizzi. Comunque abbiamo ancora tanto da scoprire in Etiopia, anche se qualcosa ci è già rimasta indelebile nella memoria (il sorriso dei bambini, la notte stellata di Asella, l’attraversamento in canoa del lago Wonchi e la risalita a cavallo, le bellissime donne a cavallo nel Bale e il Sanetti Plateau con la incredibile nube di farfalle all’inizio della foresta di Harenne, il mercato dei cestini a Debra Libanos, il parco di Awash con la notte sotto il diluvio nelle roulotte e le sorgenti calde con i due afar spuntati dal nulla, Harar, Lalibela, Zuqualla, Ankober). Come vede ci manca ancora molto, ma speriamo il prossimo gennaio, con il pensionamento della moglie, di colmare qualche lacuna. Infatti contiamo di tornare in Etiopia per una ventina di giorni: dieci da trascorrere con Padre Renato, il missionario della Consolata che se possibile ci lega ancora di più all’Etiopia e che ci porterà alle sue missioni di Asella e di Shambu (zona per noi completamente nuova), e dieci tra Wondo Ghennèt e Arba Minch e per arrivare, contiamo in macchina in modo da assaporare meglio il paesaggio e la vita locale, a Gondar e Bahr Dar…
Il libro è veramente splendido, per il testo, le bellissime fotografie, la veste tipografica. Resterà in prima fila tra la numerosa documentazione dell’Etiopia che continuiamo a raccogliere. Con la sua lettura abbiamo “rifatto” il viaggio in DVD da Massaua al Nilo Azzurro! Pensiamo che faccia veramente capire perché chi va in Etiopia non possa fare a meno di “innamorarsi” dei luoghi e della “atmosfera”. E ci permettiamo anche un piccolo consiglio: perché non pensare ad una edizione del libro con allegato il DVD? Bellissimo anche il CD sulle “Genti d’Etiopia”, con le solite splendide immagini, soprattutto di donne e bambini, organizzate tra le tante diverse etnie. Infine ci siamo gustati Rosa Abyssinica con la sempre eccezionale “carrellata” di panorami e popoli, anche se, volendo ingenerosamente cercare qualche piccolo difetto, forse si seguirebbe meglio la successione delle foto se fossero presentate attraverso un filo conduttore (che almeno al primo sguardo ci è sembrato che manchi) che permetta di “seguire” le immagini in un viaggio attraverso il Paese…
Ancora complimenti per come avete saputo rappresentare l’Etiopia in tutto il suo fascino e per quanto avete permesso anche a noi di gustare,
Cordiali saluti
Giuseppe Tola, Cagliari 12-3-07
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tola@dicm.unica.it Caro sig. Tola, se andate a Shambu vi consiglierei, quando arrivate al villaggio di Finciaa dove c’è la diga, di fare una scappata su una pista verso nord est fino ad Assandabò, che si affaccia sulla valle del Nilo Azzurro: qui ora non c’è più nulla, ma è stata la prima missione del Massaja, e il percorso è molto bello. Il lago di Finciaa copre invece la palude Ciomen, riportata anche questa dal Massaja. Spettacolare è anche il giro del lago che avrete occasione di fare. Ecco il percorso:


Cordiali saluti. Alberto Vascon
Monte San Pietro, 8 Gennaio 2007
Signor Di Paolo,   ho appena finito di leggere il Suo libro “Hakim” e non ho potuto fare a meno di scriverLe, anche se mi rendo conto di rubarLe del tempo. Spero che almeno Le possa far piacere sapere che ho provato molte emozioni e che sono nel contempo dispiaciuta che il libro non sia stato pubblicato da un editore con una diffusione più vasta. Io purtroppo non potrò fare altro che segnalarlo ad un paio di biblioteche e regalarne un paio di copie. Ho pochi amici che condividano i miei interessi, e per chiarire Le dirò subito che sono una donna di 65 anni, di vaste letture ma di scarsa istruzione. Non sono un’Asmarina, sono stata in Eritrea per una sola settimana nell’aprile 2006, lo desideravo da tempo ma poiché viaggio da turista questa è una meta piuttosto trascurata. L’Africa è in generale la meta preferita dei miei viaggi, principalmente sahariani, e in tenda, poiché amo i grandi spazi e il silenzio, le tracce degli animali sulla sabbia, le rarissime ma esaltanti fioriture ai bordi di una guelta o di un ruscello fra le rocce. Perciò ho apprezzato del Suo libro anche la parte botanica, augurando agli Eritrei, di cui ho visto il paziente lavoro di terrazzamenti, di poter riavere al più presto un manto vegetale adeguato. È successo per caso, ho visto, nell’inserto di un quotidiano, un tour operator sconosciuto che proponeva una settimana in Eritrea. Era poco, ma meglio che niente, come si dice qui. Non ho esitato e non mi sono pentita, anche se ho pianto tanto (di nascosto), sarà anche colpa dell’età. Ho pianto per quello che non facciamo, come governo, per una popolazione di 3 milioni e mezzo di abitanti che ha pagato un prezzo così alto alle nostre pretese coloniali; ho pianto quando sono venuta a conoscenza che avevamo sostenuto l’Etiopia nell’ultimo conflitto e ho dei motivi per credere che lo abbiamo fatto anche con l’invio di armi; mi è ritornata  alla mente  una persona che avevo conosciuta negli anni 90, era un dirigente di una ditta che opera in tutto il mondo, era sempre in viaggio e sempre in paesi in guerra. Nel 1983 ero in Sudan, al termine di un viaggio in parte archeologico a nord di Khartoum e poi una settimana sul reef di Sanganeb al largo di Port Sudan; qui al rientro ci fu l’incontro con un giovane eritreo esule che cercava di guadagnare qualcosa improvvisandosi guida, parlava benissimo l’italiano, il nonno era stato ascaro, la madre faceva la cameriera a Milano; ci accompagnò a Suakin, città piena di tristezza e bellezza, e ci parlò di Kassala e delle centinaia di migliaia di eritrei là accampati in una condizione che noi non potevamo nemmeno immaginare. Ingenuamente chiedemmo se il governo sudanese se ne occupava. Gli sfuggì un sorriso triste dicendoci: avete visto come vive la gente a Suakin? In effetti le abitazioni erano tuguri di lamiere e cartoni su cumuli di macerie di bellissime case di madrepora. Svettava ancora integro il minareto, dopo il cannoneggiamento degli inglesi. Eravamo tutti noi in vacanza, una bella vacanza,ci sentivamo tremendamente in colpa; nel nostro gruppo c’erano anche un medico, due infermiere. Avevamo ancora due giorni da trascorrere in Sudan. A Port Sudan Johannes ci accompagnò alla Croce Rossa, chiedemmo se ce la potevamo fare a portare viveri a Kassala e rientrare in tempo per prendere l’aereo di ritorno. Partimmo con due camion il mattino seguente alle quattro; ci pensò Johannes  a farci avere i permessi dalla polizia; per fortuna i loro mercati sono attivi fino a notte e comprammo quello che c’era, radunammo tutti i nostri medicinali, ne avevamo più noi che la Croce Rossa. Andammo in sei per ragioni di spazio. Non descriverò niente perché, a parte i cammelli morti sulla pista polverosa, non ho visto altro che un immenso accampamento senza fine in una piana desolata senz’ombra e forse senz’acqua ed era solo febbraio. Visitando l’ Asmara, è stato amore a prima vista; certo io non l’ho vista con gli occhi di chi ci è nato e vissuto e ha contribuito a renderla così piacevole. Posso facilmente immaginare che oggi non funzioni più come prima del 1968, ma rimane sempre la più bella città italiana fuori dell’ Italia, o no? Tripoli e Bengasi non sono certo così! Addis Abeba  ancora non l’ho vista, ma da quello che ho sentito dire non credo sia meglio. Mi ha conquistata la gentilezza degli abitanti, la consuetudine dello “struscio”, i caffé anni ’30 e Medabere, il rito del caffè, l’architettura, il clima, i fiori. Mi ha colpito il tono di rimpianto (vissuto come un rimprovero da me) delle persone che ancora parlano italiano. Un anziano mussulmano al mercato del bestiame di Cheren, mi ha rivolto la parola per primo, in italiano, chiedendomi se mi piaceva il mercato e se ero già stata al cimitero. Mi è dispiaciuto constatare che molte di queste persone sono meticcie. Un autista incontrato al Red Sea di Massaua mi ha esibito il suo passaporto italiano, ma non era mai stato in Italia. In definitiva Le scrivo perché nel Suo bel libro ho sentito questa nota dolente per quello che si poteva fare e non si è fatto, perché Lei ha avuto e credo avrà ancora amici eritrei e ha sofferto per loro, perché la situazione non è mai tranquilla e scoraggia il turismo e i governi del Corno si fanno addirittura i dispetti. Sarà vero che la Villa Melotti è stata fatta saltare in aria? In modo del tutto  casuale, dopo il mio rientro, sono venuta in contatto con una persona mia coetanea ex Asmarino. Anche la sua famiglia ha abbandonato l’Eritrea nel 1968 ma lui credo che allora fosse già emigrato negli Stati Uniti e poi ha viaggiato in tutto il mondo. Come Lei avrà già capito io sono una specie di sanguisuga, da ognuno cerco di imparare e quindi mi ripromettevo da questo incontro  di ampliare le mie scarse conoscenze. Sono rimasta abbastanza delusa, non mi importa se Lei riconoscerà questa persona. Spero solo che non sia Suo amico. E’ rientrato in Italia da pochi anni e ho capito che non ha mai rimesso piede all’Asmara che oggi considera, sarò buona, con molta sufficienza. Abbastanza sconcertato dal mio entusiasmo, non ha fatto che ripetere che laggiù è andato tutto in malora e non funziona più niente di ciò che gli italiani avevano fatto. Consapevole delle mia ignoranza, però ho letto i libri di Angelo Del Boca sulle colonie, ho ribattuto che gli eritrei non sono stati particolarmente fortunati, né con gli inglesi, né con gli etiopici; poi ho saputo che un suo stretto parente è stato l’ultimo “federale” o ‘prefetto”; non ho capito bene e quindi ho cercato di schiarirmi un po’ le idee. Comunque devo a questa conoscenza se ho scoperto il sito del “Chichingiolo” e quindi sono arrivata al Suo libro che è stato per me di grande consolazione. Per ora ho letto, oltre al Suo Hakim “L’abbandono” di Erminia dell’Oro e il terribile “Cuore di fuoco” di Senait G. Mehari. Forse avrei preferito non apprendere  di questa tragica guerriglia interna; il mio cuore, non in senso metaforico, non regge bene certe crudezze. Anche se l’età e il resto non giocano a mio favore, io spero di poter tornare in Eritrea, intanto non sono stata al Cohaito, io che ho una passione per l’archeologia e poi vorrei vedere un po’ le isole Dahlak e chissà quante cose ci sono ancora che mi piacerebbe vedere! Caro di Paolo, Le esprimo ancora la mia riconoscenza per aver allargato un altro poco la mia ristretta visuale su quel piccolo mondo lontano; naturalmente c’è anche una richiesta: ha qualche libro o sito da consigliarmi oltre a ciò che posso trovare sul “Chichingiolo”?   Con tanta stima la saluta
Alessandra Bortolotti
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Gentile Signora, La sua lettera è preziosa  perché scritta da una persona di grande sensibilità. È quasi impossibile trascorrere pochi giorni in Africa e riuscire a capire tante cose; questo evento rarissimo si realizza solo in presenza di un cuore grande e di una mente molto aperta. Lei possiede ambedue queste doti e riesce a capire all’istante che l’unica cosa che conta laggiù è aiutare quella povera gente. Poi c’è tutto il resto che è tanto davvero e non si può fare a meno di rimanerne impressionati. Spero che il nostro sito le tolga qualche curiosità. La villa Melotti è stata rasa al suolo. Non so dirle il perché. Grazie delle cortesi parole.  
Nicky Di Paolo
 
 
Agli autori di Tropical Zoom Alberto Vascon & Nicky di Paolo, Bianca Cremonesi  
Carissimi amici, In occasione dell’uscita del vostro libro, sento il dovere di dedicarvi umilmente queste poche righe per esprimervi la mia infinita stima per la realizzazione di questa Opera che rischiara, attraverso stupende immagini che ritraggono la natura e la cultura dell’Arte religiosa, la vera essenza del popolo Eritreo e Etiopico che merita di essere ricordato alla coscienza collettiva dell’Occidente e del mondo intero. Il compimento di questa Opera è il riflesso di un cammino spirituale dove man mano la luce si fa strada e il pellegrinaggio si trasforma in passione e amore per il Corno d’Africa che voi amate così profondamente. Desidero assumermi  il ruolo di « portavoce » per i miei compaesani del Corno d’Africa i quali saranno sensibili quanto lo sono io di fronte  al testo e alle immagini che fanno di questo libro una testimonianza rara delle bellezze del nostro paese e che dà un soffio di vitalità alla tradizione. Possedere questo libro ci consente di offrirlo come eredità ai nostri figli che a loro volta potranno tramandarlo di generazione in generazione come emblema da conservare nelle biblioteche e custodire nei cuori. Ho preso il libro in mano del quale avevo già conoscenza virtuale nel sito etiopiamagica, ma il contatto ravvicinato, il poter accarezzare le pagine e visualizzare le immagini prendono una dimensione del tutto diversa  e scatenano ancor più forti emozioni. Amici del Corno d’Africa, ci avete regalato il frutto dei vostri sogni e per questo avrete la nostra eterna riconoscenza. Un caro ricordo.
Martha Nassibou, Perpignan 21 dicembre 2006 http://www.marthanassibou.com/
 
 
Egregio Signor Vascon,
ho  riscoperto il suo nome navigando su internet. Mi ero dimenticato del suo splendido articolo (veramente professionale!) scritto su Missioni Consolata (di cui sono un collaboratore da molti anni!!). Devo dire che mi ha battuto sui tempi poiché ero in procinto di scrivere un simile articolo sulla religione etiopica di rito copto.
Ho visto sul suo sito internet le splendide pubblicazioni e fotografie. Complimenti!
Anch’ío ho una marea di foto digitali, soprattutto sull’Eritrea e sul Tigrai, dove ho lavorato per 4 anni (200-2004). Alcune delle mie foto sono sul sito di Franco Dell’oro (www.eritreaplanet.com).
Mi auguro di incontrarla e, perché no, preparare una pubblicazione insieme.
un caro saluto,
Gabriele Borla, gabrieleborla@hotmail.com, 18-10-06
 
 
Cari Di Paolo e Stella, ho letto con interesse il vostro “Onestà intellettuale” e ne ho apprezzato l’approccio diretto all’argomento. Non vi siete barcamenati, come succede quasi sempre, cercando si salvare capre e cavoli, ma vi siete limitati a ricordare i fatti nella loro cornice e nella loro verità. Mi sembra più che giusto celebrare insieme il valore, l’abnegazione e l’eroismo dei due schieramenti: d’altronde, se una parte fosse stata meschina e pavida, dall’altra non vi sarebbe potuto essere coraggio e ardimento. Quello che non mi trova d’accordo è la sottolineatura della “vittoria” di Menelik da parte di tutti quei paesi che videro con gioia la sconfitta italiana. E per un semplice motivo: secondo me Menelik non riportò una vittoria, furono i nostri comandi ad offrirgliela su di un vassoio di argento massiccio. Gli ordini di Baratieri non tassativi e chiari che lasciarono ai singoli comandanti delle unità libertà di interpretazione; la mappa del terreno delle operazioni talmente imprecisa e pasticciata da causare una disposizione delle truppe ben lontana da quella studiata a tavolino. L’approfondita ricostruzione fatta da Alberto Pollera sui luoghi della battaglia, elenca una serie di grossolani errori: grandi alture cancellate, corsi di torrenti profondamente alterati, passi montani spostati a fantasia, strade spostate a destra o a sinistra arbitrariamente…. così che ogni corpo si trovò praticamente isolato e costretto a combattere per proprio conto. Inoltre, quale capo di buon senso avrebbe affrontato su di un terreno praticamente sconosciuto un esercito dieci volte superiore pur sapendo di non avere una tale superiorità di armamenti e di munizioni atti a compensare, almeno in parte, l’abissale inferiorità numerica? Ogni cannone aveva novanta colpi, ogni soldato cento colpi!!!! Della più grande battaglia coloniale resta il valore dei combattenti: i nostri che si batterono fino allo stremo pur consci che la sconfitta era inevitabile, e gli abissini che, malgrado le pesantissime perdite subite, continuarono nei loro incessanti assalti. Resta anche la macchia delle atrocità compiute dagli uomini di Menelik  dopo la “vittoria”. Cordiali saluti, Angelo Granara, 18-6-06
 
 
Cav. Uff. M.d.l. Domenico Capoduro Via P. Amalteo 40 33170 PORDENONE Tel. 0434-572128   Pordenone, 23 giugno 2006 Spett. AFRICUS Piazza dell’Unità 13 ROMA – fax 06-3243823 alla c. a. del prof. Piero Pastoretto   e p. c. Dr. Alberto Vascon, Il Corno d’Africa
Mi permetto segnalare, da cultore di storia etiopica ed eritrea – anche per amore verso la terra dei miei natali e radice materna – alcune inesattezze riscontrate nel n. 1/2006 del periodico ed anche una considerazione sul trattato di Uccialli. – Pag. 3 “la dinastia imperiale etiopica rovesciata nel 1977 dal colpo di stato militare di Hailè Menghistù”. Il colpo di stato che depose Hailè Sellasie fu condotto dal ten. Col. Menghistù Haile Mariam nel 1974. E’ da tener presente che nel mondo semitico non esiste il cognome ma il patronimico. – Pag. 3 “una sorta di pontefice locale detto Labuna”. L’Abuna era il metropolita d’Etiopa – di nazionalità egiziana – nominato dal Patriarca ortodosso di Alessandria d’Egitto. Oggi la Chiesa d’Etiopia è guidata da un proprio Patriarca in quanto chiesa autocefala. – Pag. 4 “nel 1851 deposero Giovanni V”. Venne deposto Giovanni III nel 1855 (v. Conti Rossini). – Pag. 4 “due anni dopo il Negus Giovanni VI moriva nella battaglia di Metemma”. Era Giovanni IV (della famiglia imperiale del Tigrai), morto l’11 marzo 1889. – Pag. 5 “approfittando della morte di Giovanni VI”. Era Giovanni IV. Pag. 6 “la chiamata alle armi avveniva al suono del Ketit”. La chiamata alle armi detta chitèt avveniva con i tamburi di guerra detti negarìt ossia annuncio. Pag. 6 “nel 1895 Menelik cominciò a muoversi verso lo Scioa”. Si muoveva dallo Scioa. Pag. 18 “Fiumi Mareb e Bilesca”. Mareb e Belesa. I fiumi Mareb-Belesa-Muna segnano il confine nord orientale tra Etiopia ed Eritrea. Pag. 5 “nel testo amarico del trattato di Uccialli mancava l’articolo che riconosceva il protettorato italiano sull’Etiopia”. CONSIDERAZIONI Menelik non ha mai sottoscritto alcun atto che limitasse la sua sovranità sull’Etiopia, forse era una convinzione del Conte Antonelli (magari necessitata per compiacere il re sabaudo) la leggenda del protettorato o una non corretta interpretazione della volontà etiopica dovuta ad una carenza di professionalità dei suoi interpreti. La traduzione italiana del testo amarico dell’articolo 17 dell’emerito insigne etiopista prof. Lanfranco Ricci recita: “a Sua Maestà il Re dei Re per qualsiasi necessità di cui abbia bisogno presso i Sovrani d’Europa sarà possibile corrispondere con l’aiuto del Governo d’Italia” (v. C. Zaghi – Diario Salimbeni). Il testo amarico non può certamente essere letto come l’accettazione di un protettorato. Non solo, l’art. 4 del trattato stabiliva la sovranità etiopica sul famoso convento di Bizen e sue pertinenze situato nel territorio della Colonia a 25 Km da Asmara. Il celebre convento fondato verso la metà del XIV sec. – sede anche di importanti dispute dottrinali – è uno dei luoghi più sacri della Chiesa d’Etiopia. Il dualismo politico tra il Conte Antonelli ed i generali governatori, il primo fautore di una politica filo scioana mentre i secondi più disposti verso un atteggiamento pro trigrino, e quello militare tra i generali Barattieri ed Arimondi (si ripeterà con Cadoma e Cappello drammaticamente sull’Isonzo e più tardi tra Badoglio e Graziani) determinerà, con altre cause, la più cocente e disastrosa sconfitta mai subita da una potenza europea ad opera di forze africane. Menelik non dimenticava la dimostrazione di forza della spedizione inglese guidata da Lord Napier (una costante dell’impero britannico come per le isole Falkland) e, mosso da un calcolato disegno politico, non insegui l’ormai distrutto corpo di spedizione italiano oltre il Mareb – Belesa per infliggergli una drammatica ed umiliante disfatta. Era per lui conveniente mantenere nel Como d’Africa la presenza italiana – in un contesto di equilibrio europeo – per contenere le più insidiose e pericolose mire espansionistiche di Francia e Gran Bretagna; quest’ultima non nascondeva il suo vivo interesse per il bacino del Nilo Azzurro – lago Tana, mentre la prima mirava a spingersi verso la Valle del fiume Auasc. Menelik, dopo aver imposto all’Italia l’umiliante trattato di pace firmato ad Addis Abeba da Cesare Nerazzini il 29 ottobre 1896 che prevedeva con l’articolo 2 la definitiva denuncia del trattato di Uccialli e con l’articolo 3 l’obbligo dell’Italia di riconoscere l’indipendenza assoluta e senza riserve dell’Impero Etiopico e questa volta steso in lingua francese per suo volere, firmerà tra il 1900 ed il 1908 accordi di confine, di commercio e di amicizia con l’Italia, Francia e Gran Bretagna. Con i più cordiali saluti.
Domenico Capoduro
 
 
c.a. Dr. Gian Carlo Stella   Buongiorno, con la presente sono a richiedere a lei e alla redazione informazioni riguardanti la possibilità di ottenere informazioni su un soldato ascaro vissuto nei primi anni del Novecento. Si tratta di mio nonno materno il cui nome è Ghebrelul Syum, il quale prestò il suo servizio nell’esercito italiano negli anni 30 e del quale, purtroppo, non possiedo alcuna documentazione né di tipo archivistico né fotografico. Mi rivolgo a Lei poichè dal link della biblioteca del sito de ilcornodafrica.it ho appreso della pubblicazione del suo libro “Ascari” e della sua profonda conoscenza del tema. Le chiederei cortesemente di volermi aiutare in questa ricerca illustrandomi le normative vigenti riguardanti i rapporti  tra Stato Italiano e le famiglie dei soldati ascari residenti in Italia, i trattamenti ad esse rivolti, la possibilità di accedere a documentazione aperte al pubblico, pubblicazioni ecc. RingraziandoLa anticipatamente per la Sua preziosa collaborazione, cordialmente la saluto. Asli Addas, 5-2-06
Caro sig. Asli Haddas, purtroppo (per pressanti impegni di studio e ricerca) al momento non mi è possibile fare alcun tipo di indagine nel mio archivio, dove conservo le generalità (e le posizioni militari) di migliaia e migliaia di ascari. Questi nominativi sono oltretutto mischiati come un mazzo di carte, e non posti in ordine alfabetico. Ho altri nominativi di ex ascari da controllare, cui aggiungo anche questo, ed appena mi sarà possibile farò una ricerca che spero possa portare a reperire informazioni utili.

Molto cordialmente, Gian Carlo Stella
 
 
Caro Alberto, eccomi di nuovo a importunarla.La vostra instancabile operosità e creatività mi fanno scoprire navigando su il Corno d’Africa attraverso Tropical Zoom un oceano di cose nuove che sbalordiscono per la ricchezza dei soggetti che trattano. Il vostro Sito si sta trasformando in un’opera gigantesca di inestimabile valore, che non arresta di lievitare diventando un prezioso raccoglitore di notizie culturali, letterarie, politiche concernenti l’Africa Orientale degli anni bui di Mussolini. Il mondo attraverso di voi, e sarà anche questo per la prima volta, dovrà conoscere e vedere la faccia della Verità. Mi perdoni la mia intromissione, ma come restare indifferenti davanti a tanta passione e serietà? Grazie ancora. Cordiali saluti Martha Nassibou, 29-1-06
 
 
Perpignan 24. 12. 05 Gentile sig. Alberto Vascon, Ho finalmente, anche se in notevole ritardo per questioni di carattere tecnico, visionato con stupefazione e incanto la sua Opera fotografica: Etiopia Cristiana e mi sento di esprimerle quanto ho risentito dopo un’esperienza che mi ha profondamente toccata. Una sintesi mai concepita, mai raggiunta da nessuno nella storia dell’Etiopia contemporanea. Un’ Opera Grandiosa dalla quale scaturiscono le emozioni più recondite dell’animo umano. Un dono fatto da Lei e da Bianca Cremonesi all’Etiopia e al suo popolo per intero. Autentica realizzazione artistica diventata ora, per merito Suo, patrimonio dell’Etiopia e del suo popolo. Vadano a Lei e alla gentile Signora Bianca Cremonesi la nostra gratitudine e il nostro affetto. Lei ci ha ridato, con questa Sua iniziativa, nella sua interezza l’orgoglio di essere etiopici e ha dato vita all’amor patrio che alberga in ogni sensibile etiope e più ancora ha dato anima, per mezzo di stupefacenti fotografie, alla Storia stessa dell’antico e misterioso Impero Etiopico. Nasce così la consapevolezza del profondo valore storico, spirituale e artistico che è in ogni fotografia che evidenzia ciò a chiunque sappia guardare ancora prima che con gli occhi, con il cuore. Poi se uno volesse andare più a fondo con lo sguardo dell’anima nella dimensione spirituale, percepirebbe senza ombra di dubbio, che siete angeli inviati allo scopo di dar vita e significato alla dignità di un popolo martoriato da drammatici avvenimenti storici e da sconvolgimenti naturali. Con questa sentita testimonianza, mi permetta di inviarle i miei migliori auguri per un Sereno Buon Natale e un Felice e Prospero Anno Nuovo 2006. Con sincera ammirazione e amicizia Martha Nassibou
 
http://www.marthanassibou.com/
 
 
17-10-05 Egregi Signori Stella e Bonati,

Vi ringrazio per lo spazio che avete dedicato, sul vostro sito web “Mostre e convegni” e per il contributo dato alla mostra “L’Epopea degli Ascari Eritrei “. Mi corre l’obbligo, però, di fare alcune puntualizzazioni. L’idea della mostra ed il relativo progetto, è mio e soltanto mio! Come mie sono state le tribolazioni per ottenere:

– prima di tutto, l’assenso politico al progetto, sia da parte del Governo dell’Eritrea e sia da parte del Governo Italiano;

– successivamente, la ricerca delle necessarie sponsorizzazioni per sopperire agli esorbitanti costi: vi era da portare una mostra, i cui allestimenti dovevano essere approntati in Italia, ad Asmara, a seimila km di distanza, in un altro continente con tutte le implicazioni doganali, di
permessi, d’autorizzazioni e quant’altro. Per queste problematiche, a ripensarci adesso a mente serena, mi do del “folle” per aver solo pensato di poterle superare. In molti mi sono stati vicini e mi hanno supportato in questa mia avventura, ma l’idea della mostra, che portavo dentro di me da parecchi anni, è sorta come progetto nel dicembre del 2001, mentre visitavo una mostra dedicata alle opere di Caccia Dominioni, per esser realizzata nel luglio del 2004: due anni e otto mesi, di alti di bassi, avendo dovuto superare sia le crisi internazionali tra Etiopia e l’Eritrea, sia diverse difficoltà logistiche.

Quindi ringrazio sentitamente: il Prof. Fabio Roversi Monaco per essermi stato vicino sin dal primo momento e per il sostegno finanziario dato; il Dott. Guerriero per l’impareggiabile lavoro di ricerca storica e per gli allestimenti; i Ministeri della Difesa, Affari Esteri ed Italiani nel Mondo
ed in particolare il Ministro On. Tremaglia che ha voluto, con la sua presenza, dare un forte significato politico all’inaugurazione della mostra sia ad Asmara, sia a Roma al Vittoriano. Un sentito ringraziamento, va doverosamente, allo Stato Maggiore dell’Esercito che ha curato gli
allestimenti dei locali delle mostre con l’Agenzia Cine Foto TV e Mostre.
L’elenco dei ringraziamenti è molto lungo e comprende: Direttori di Musei, Enti, Organismi, singoli privati e tanti altri i cui nomi sono indicati nei cartoncini degli inviti, nelle locandine e nel catalogo della mostra.

Tutto ciò può dare una vaga idea della mole di lavoro da me e dallo staff del Ce.Stu.Di.S. svolto, per organizzare e realizzare il mio progetto di portare la mostra ad Asmara prima, a Roma al Vittoriano dopo, oggi a Bologna  e del perché di questa mia precisazione.

On. Luigi Ramponi
 
 
Roma 23 Marzo 2005     Alla Redazione del  “Il Corno d’Africa”, Sull’Eritrea è stato scritto moltissimo in passato: memorie di ufficiali impegnati nella conquista della Colonia e dell’Impero; governatori e amministratori della Colonia; studiosi e pionieri; diplomatici e giornalisti; missionari ed esploratori; storici e politici. Ormai si può dire che si sa tutto, e anche di più, sulle vicende della nostra Colonia Primigenia. Anche recentemente c’è stata una buona fioritura di scritti sull’Eritrea: ci sono i nuovi innamorati che scrivono inutili guide; ci sono cronisti superficiali; ci sono coloro che raccontano la loro vita nel Paese magari romanzandola un poco per dare un tocco di colore; ci sono quelli che ancora dibattono sull’annosa questione: ma gli eritrei amavano gli italiani e ne sentono la mancanza oppure li hanno tollerati perchè portavano un certo benessere economico? Io rimango del parere che nessun popolo potrà mai amare il suo conquistatore, colui che è venuto a portare, senza esserne richiesto, la “sua civiltà”. Tra vincitore e vinto non potrà mai nascere la sindrome di Stoccolma! A me piacerebbe sapere qualcosa di più su episodi trascurati, se non addirittura ignorati, da storici e memorialisti ma non per questo meno interessanti per coloro che in Eritrea hanno speso molti anni della loro vita. Per esempio, credo nel 1922, ci fu in Eritrea una specie di sollevazione dei “vecchi coloniali” i quali, malcontenti del trattamento che l’Italia riservava alla Colonia non più tanto amata in Patria, minacciarono di creare uno Stato indipendente. Si sa che Ferdinando Martini fu inviato in Eritrea con il mandato di liquidare la Colonia che stava diventando un peso imbarazzante. Il saggio e capace Martini, invece riuscì a riorganizzare la Colonia e a risanarla e, alla fine dei suoi dieci anni di amministrazione, la situazione era totalmente mutata. Dopo Martini, anche gli altri amministratori furono scelti, per un certo periodo, con oculatezza. Ma la situazione andò via via peggiorando facendo lievitare un crescente malcontento tra la comunità italiana che percepiva il pericolo di vedere messo a repentaglio lo status faticosamente raggiunto ed il lavoro compiuto. Sarebbe oltremodo interessante conoscere i dettagli di questa “sommossa”, sapere chi furono gli organizzatori e cosa mise fine al tentativo di trasformare l’Eritrea da Colonia italiana a staterello indipendente governato dagli esponenti della comunità italiana. Forse il “Corno d’Africa”, ricco di valenti collaboratori, potrebbe rispolverare questo dimenticato episodio per farcelo finalmente rivivere in tutti i suoi aspetti. Angelo Granara (Angra) ——————————————————————————————- Caro  Angelo, Grazie della tua simpatica ed arguta letterina. Sono certo che qualcuno del “Corno” prenderà in considerazione il tuo invito. Un caro saluto, Nicky
 
Carissimo Dott. Di Paolo,                         ho appena smesso di piangere leggendo la sua ultima “lettera a Iginio”. Mi è piaciuto il suo ultimo libro e mi ha piacevolmente commosso. Forse ho pianto perché non ho avuto mai la possibilità e la fortuna di scrivere una lettera simile a mio padre, morto all’Asmara il 1/02/1975, ucciso per caso, durante la prima battaglia in città, da un militare di Menghistù. La guerra, lo sgomento, la rabbia, la paura e l’impotenza, i divieti delle autorità etiopiche e la precipitosa fuga verso Addis Abeba e quindi il rimpatrio in Italia mi hanno impedito di accompagnare mio padre al cimitero di Asmara. Non ho mai deposto un fiore sulla sua tomba. Mi chiamo Giuseppe Cordaro, sono nato all’Asmara nel ’55 e lì ho vissuto fino al ’75. Ho frequentato anch’io il Liceo Martini e, per ragioni simili alle Sue, mi sono iscritto ad Economia e Commercio all’Università di Asmara (volevo fare medicina, ma ai miei tempi la facoltà non c’era più, e pur di rimanere in Eritrea ripiegai per Economia). I miei bisnonni materni, i Favia ed i Romano arrivarono in Eritrea verso la fine dell’800, i nonni e tutti gli zii nacquero ad Asmara e fino al ’48 hanno abitato in via delle Medaglie D’Oro, a Ghezzabanda ( mia madre Lia Favia invece nacque a Mogadiscio poiché mio nonno Peppino con mia nonna Concetta Romano, si era trasferito per un breve periodo di lavoro in Somalia. Rientrarono in Eritrea nel ’35). Mio padre Carmelo (aveva all’epoca 5 anni) arrivò invece con tutta la famiglia all’Asmara nel ’34 ed è sempre vissuto i quel Paese fino alla sua precoce morte (45 anni). Durante la guerra hanno vissuto a Keren, poi anche loro dopo il ’41 si trasferirono all’Asmara (a Ghezzabanda). Negli anni ’50 mio padre lavorava con i De Nadai, che all’epoca erano in società con Alfonso Bellavia ( che era il fratello di mia nonna). Nel ’54 sposò mia madre, nel ’55 nacqui io (Guido De Nadai è stato il mio padrino di battesimo), nel ’58 ottenne dall’allora Governo Eritreo una concessione agricola di circa 300 ha ad Haicota (vicino a Tessenei). Creò dal nulla (come fecero la maggior parte degli Italiani rimasti in Eritrea dopo la guerra), un azienda modello che mantenne non senza difficoltà fino al ’75.  Nel ’70 rilevò all’Asmara il forno Alfa (vicino a p.zza della Posta), i fatturati dell’azienda di Haicota erano inesorabilmente calati a causa della chiusura del canale di Suez (per trasportare banane  ed altro in Europa le navi dovevano fare il periplo dell’Africa), e a causa dei numerosi attentati da parte dei ribelli Eritrei, che spesso minavano la strada Tesseni/Asmara per evitare che gli etiopici trasferissero truppe in bassopiano. Mi piacerebbe raccontarLe la storia della mia vita e della mia famiglia, mi ci vorrebbe molto tempo e spazio, e comunque non credo che sia più interessante di altre storie di italiani nati e vissuti in Africa negli ultimi cento anni. Vorrei però avere l’opportunità di conoscerLa, di incontrarLa, di chiedere a Lei che è così vicino all’Eritrea, informazioni, consigli che mi possano illuminare sulle mie scelte future. Sono in Italia ormai da 30 anni ma ho sempre coltivato un sogno: tornare al mio Paese, continuare ciò che i miei nonni e mio padre, con tanta passione, dedizione, amore e coraggio avevano intrapreso tanti anni fa. Ho saputo che (qualcosa ho anche intuito leggendo il Suo ultimo bellissimo libro), che il mio amico, compagno di scuola fino al Liceo, Sandrino Boveri, non è stato proprio fortunato (tra  l’altro vorrei incontrarlo, non sono ancora stato in grado di rintracciarlo), e che anche altri italiani negli ultimi anni hanno tentato di rientrare in Eritrea, ma con scarsi risultati. Nonostante io sia in perenne contatto con Asmarini (che tutt’ora risiedono in Eritrea) e che abbia avuto la possibilità di parlare con autorità Italiane ed Eritree ( ho conosciuto anche il Presidente Isayas ed il Suo seguito che erano qui ad Ancona (dove vivo), nel novembre 2003, in visita ufficiale, per un accordo stipulato tra la Regione di Massawa e la Regione Marche), non sono ancora sicuro sul da farsi. Trent’anni di distacco da Asmara sono tanti, sono stato “strappato” da quel Paese e contro la mia volontà, a causa della violenza della guerra, allora ero ancora minorenne (la maggiore età si otteneva a 21 anni) e le autorità italiane mi obbligarono a rientrare in Italia. Forse oggi a 50 anni ho un po’ paura o forse mi blocca l’emozione ma ho comunque bisogno di consigli che mi aiutino a riflettere e a trovare la giusta strada. Non ho più i miei nonni e i genitori, ed il resto della mia numerosa famiglia è sparso per l’Italia e per il mondo e non ho nessuno tra i miei cari con cui scambiare le mie riflessioni, alcuni sono troppo giovani e non “sentono” il problema, i più anziani invece vedono l’Africa come un lontano ricordo. La guerra, le distanze, il ritmo e la qualità della vita italiana ci hanno un po’ allontanati…. Mi sono collegato con il Suo sito e oltre che apprezzarne gli articoli e la ricca documentazione fotografica, ho scoperto che Gianni Storelli, amico all’Asmara della mia famiglia, fa parte della redazione, mi piacerebbe salutarlo. Mi faccia sapere, Dott. Di Paolo, se, ed eventualmente quando, avrà voglia e tempo di sentirmi o di incontrarmi. La saluto con la speranza di poterLe raccontare il resto della storia, magari dalle Sue parti, che spesso e con piacere sono state meta per me di liete vacanze e brevi soggiorni (adoro la Toscana). Giuseppe Cordaro, 13-1-05
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Caro Cordaro,          permettimi di darti del tu come è piacevole fare tra coloro che parte della vita l’hanno trascorsa in Africa.        E’ penoso ricordare i civili italiani caduti in Eritrea dopo il 1941 anche se, in verità,  non sono stati molti;  poco più di una sessantina in tutto.  Ti assicuro che sono tante le persone che nutrono i tuoi dubbi e le tue perplessità che purtroppo non posso fugare. L’ Eritrea vive ancora un momento difficile  e per ora si assiste ad una fase involutiva. L’ultima notizia è quella del drastico razionamento  dei carburanti  che per ora sono assicurati solo ai militari (e forse ai turisti).         Per investire capitali all’estero in genere è necessario ottenere una serie di  garanzie che per ora l’ Eritrea non può offrire. I sogni sono una cosa e la realtà un’altra.         La vita avventurosa della tua famiglia ti spinge a sognare , ma purtroppo oggi una buona parte dell’Africa sembra essere una meta preclusa a tutti quelli che vorrebbero andare o tornare a stabilircisi.        Possiamo solo sperare in tempi migliori. Sia Storelli che Boveri frequentano il sito e leggeranno la tua lettera. Se capiti in toscana vieni a trovarmi.        Un caro saluto e grazie delle gentili parole,   Nicky
Spettabile Redazione,
Complimenti per il bellissimo sito. Per un appassionato d’Africa, ed in particolare modo per il Corno d’Africa, come me è una vera manna. Una miniera d’informazioni e ragguagli storici  veramente utili ed interessanti.
All’uopo vi segnalo tra i libri da indicare nel sito un bellissimo volume appena uscito, ricco di riferimenti bibliografici e notevole apparato iconografico. Il titolo è “Gli Italiani in Africa” a cura di Giorgio Barani e Manlio Bonati, edito da T&M Associati di Reggio Emilia.
Complimenti di nuovo.
Stefano Razzini, 9-12-04
Caro Niky, prima di scrivervi la prima volta in occasione della apertura del sito ho letto con molto interesse tutto quello che avete scritto (tu e gli altri componenti la redazione) sotto forma di libri, articoli e quanto altro mi sia riuscito a procurare. Ero e sono affamato di storia e voi continuate ad assolvere all’impegno che vi siete assunti realizzando il bellissimo sito, con mia massima soddisfazione. Credo sarebbe fuori tema una analisi della attuale situazione Eritrea in un contesto in cui sostanzialmente si ricostruisce un’epopea che si è conclusa oramai definitivamente. Tutti i racconti si riferiscono a fatti e persone che appartengono al passato ed è importante che non se ne perda la memoria, ma ora l’Eritrea sta vivendo un’altra avventura, dagli esiti ancora  incerti, con protagonisti diversi ma raccontarla è affare per penne ben più raffinate della mia perchè il rischio di veder travisati i resoconti delle proprie esperienze sia pure di vita vissuta è molto alto. Se leggi le cronache l’Eritrea viene spesso descritta come vittima di un regime sanguinario che investe le proprie risorse in spese militari che la privano anche dei più elementari mezzi di sostentamento. Un paese dove si esercita una repressione feroce a danno dei giovani che privati del diritto allo studio vengono avviati ai campi di addestramento militare per il successivo invio al fronte. E’ notizia di ieri che il presidente Isaias “ha frenato il processo di pace rifiutando la proposta Etiope di ridiscutere i termini dell’accordo per una soluzione pacifica”, eppure questi “termini da ridiscutere” sono stati definiti da terzi chiamati di comune accordo dai due governi per esprimere un giudizio definitivo che le parti si erano impegnate ad osservare integralmente. Si tratta quindi di un ennesimo caso di informazione distorta che, unito ad altre “voci”, quali ad esempio quelle che sussurrano di una presunta difficoltà ad uscire dalle città perchè occorre un permesso delle autorità, cerca di dare una impressione negativa del paese e del suo governo. Ma chi va in Eritrea trova un paese che, nonostante il peso del mancato rispetto della risoluzione delle Nazioni Unite da parte della controparte Etiopica, è diverso da come lo vogliono descrivere e sta marciando al massimo delle proprie ridotte capacità verso un miglioramento che in prospettiva la porterà a colmare le perdite degli anni di stasi dovuti alla guerra. Le città sono pulite accoglienti e tranquille, segno che non ci sono malesseri serpeggianti e questa non è retorica ma la semplice realtà, che molto dovrebbe far riflettere sia la gente degli altri stati africani ma anche noi. Mai un atto di ostilità nei confronti degli ospiti stranieri liberi sempre di muoversi e ovunque ben accolti. Certamente nessuno di loro sa spiegarsi la ragione per la quale nessuno si adoperi a che la risoluzione ONU venga pienamente accolta, e sanno che fintanto non si giunga ad una soluzione definitiva che porti ad una pace stabile, i confini vanno vigilati. I giovani che sono chiamati a questo compito devono rinunciare agli altri loro progetti fino a che non arrivano tempi migliori, non ci sono altri ad occuparsi della difesa nazionale, gli Eritrei sono pochi. La scuola di Sawa è stata dotata di nuovi edifici e di nuovo mezzi per assicurare a questi giovani una permanenza decente e questi miglioramenti vengono descritti come spese militari dissennate da chi standosene comodamente a casa fuori dall’Eritrea sentenzia. E’ vero che il reclutamento viene effettuato senza mezzi termini e che il trattamento subito da chi cerca di sottrarsi è duro, ma anche da noi la renitenza alla leva o peggio la diserzione durante un periodo di emergenza nazionale non sarebbero stati ben accolti. Mentre mi trovavo ad Asmara sono arrivati piccolissimi segnali di distensione, le donne sopra i 27 anni sono state esentate dal servizio militare e se si arrivasse ad una completa pacificazione non ci sarebbe più ragione di trattenere al fronte gli altri giovani. In questi ultimi tre anni ho visto molti miglioramenti mirati soprattutto a far si che la gente Eritrea che la diaspora ha disseminato per il mondo si senta quanto meno possibile distaccata dal proprio paese. Alla ricostruzione della ferrovia dall’alto valore simbolico è seguita la rinascita della linea aerea di bandiera e la diffusione della televisione nazionale via satellite, questo ha voluto dire moltissimo per chi è costretto a vivere lontano e che prima dipendeva da notizie di terza mano o da compagnie aeree straniere per tornare dai propri cari. Quando la crisi dell’Iraq ha avuto i suoi riflessi negativi anche in Eritrea con il conseguente aumento del costo del carburante che ha raggiunto livelli giudicati insostenibili, la soluzione e’ stata draconiana ,chiusura di tutte le pompe di benzina a tempo indeterminato in attesa di escogitare un sistema per limitare i consumi in modo controllato. Risultato tutti ma proprio tutti a piedi e senza che nessuno se ne sia lamentato perchè si tratta di emergenza nazionale. L’Eritrea e’ piccola ed non è difficile incontrare il presidente Isaias mentre partecipa a questo o a quell’evento, non l’ho mai visto con guardie del corpo a doverlo difendere, ovunque è accolto con il rispetto che si deve ad un amico. Sono emozioni spontanee perchè li non esiste l’invadenza mediatica che condiziona tutto e mai ho assistito a coercizioni in tal senso. Il popolo Eritreo è dignitoso e solidale con i più bisognosi anche se povero e mai si assisterà a quegli spettacoli di desolazione che tanto vengono enfatizzati da chi vorrebbe giustificare l’esistenza di tante organizzazioni che mandano nel terzo mondo i loro rappresentanti a girare per quei paesi con automobili che valgono quanto il loro bilancio annuo. Le pochissime organizzazioni ammesse in Eritrea sono quelle che anche durante i trenta anni di guerra per l’indipendenza erano presenti nel paese ed hanno condiviso il calvario degli Eritrei , alle altre e’ stato gentilmente risposto no grazie. Come vedi non posso aggiungere molto di nuovo che tu già non conosca e so anche che chi ti legge già ama l’Eritrea e non ha bisogno che gli si dica di diffidare da chi tenta di darne una immagine negativa. Vorrei dare semmai il mio contributo di informazione per tutti coloro avessero il desiderio di aiutare chi si occupa dei bambini privi dei genitori perchè ho potuto constatare che ricevono e utilizzano per i bisogni di questi bambini fino all’ultimo centesimo che gli viene inviato sia sotto forma di adozione a distanza sia di donazione occasionale. Lo voglio sottolineare perchè ero stato incaricato in occasione di quest’ultimo viaggio di verificare la ragione per la quale tanti amici che hanno adottato un bambino a distanza non ricevevano notizie, la ragione era semplice ed è che costa troppo scrivere a tutti o addirittura inviare foto. Sono andato a trovarli e non solo ricevono quello che viene loro inviato ma sanno bene che anche se lontano c’è qualcuno che pensa a loro. Chi si occupa di questi bambini è accreditato presso l’Ambasciata italiana di Asmara e comunque se ne possono ricavare gli indirizzi da internet . In chiusura vorrei proporti un aggiornamento riguardante la ferrovia, mia grande passione, della quale ho fatto molte foto e indagato le cose dimenticate, quindi se vuoi aggiungere un capitoletto a quanto hai già scritto fammelo sapere.
Ti mando tanti saluti. Stefano Pettini, 8-12-04
Eritrea
Angelo Granara da Roma ci scrive chiedendoci notizie sull’Eritrea, 19-10-04: Caro Nicky, seguo con interesse il cornodafrica e lo trovo interessante e ben costruito: una spanna sopra gli altri siti che ho visitato. Però, permetti che te lo dica, mi manca un reportage equilibrato sull’Eritrea. Finora ho trovato soltanto partiti pro e contro l’attuale regime ma, e tu lo sai meglio di me, nessun governo è mai totalmente negativo: qualcosa di buono anche Ysayas avrà fatto e sta facendo visto che gli eritrei continuano a lasciarlo al potere e non fanno colpi di stato come succede in molti altri stati africani. Ho visto una “cassetta” di un giornalista di lingua inglese che ha costruito un buon servizio intervistando un ministro e un ambasciatore eritrei in esilio e poi ha intervistato lo stesso capo del governo con domande non certo rituali ma andando diritto al sodo della situazione politica. Il giornalista ha poi proseguito le sue interviste con esponenti del regime e con semplici cittadini offrendo un quadro piuttosto equanime dell’Eritrea. Di solito, invece, si trovano attacchi feroci e difese altrettanto accanite il che lascia tutto nell’indeterminatezza. Chi va in Eritrea ritorna indietro con la solita solfa: Asmara è una città tranquilla e pulita dove si può girare anche di notte. A parte che una città tranquilla e sicura può equivalere anche a una città “morta”, che significato ha l’aspetto della città capitale dello stato? L’indicatore della situazione dovrebbe essere la totalità del paese. Cosa succede nei villaggi, nelle campagne, nelle zone di confine, nei campi profughi, cosa costa ai cittadini mantenere un forte esercito, che prospettive hanno i giovani, quali sono state le realizzazioni attuate dal governo….? Altrimenti sarebbe come giudicare l’Italia visitando soltanto Milano! Ho visto bellissimi servizi fotografici che, quasi sempre, indugiano sulle bellezze del paese, sugli uomini, sulle donne, sui bambini visti come “personaggi” caratteristici dei luoghi e delle etnie, sui costumi cerimoniali…. non ho visto nulla che si avvicini alle inchieste fotografiche sulla povertà e sulla miseria che si vedono a volta in documentari girati nel mondo. Come vivono le migliaia di mutilati delle guerre, come campano le vedove e gli orfani, come si arrangiano i profughi fuggiti dai villaggi distrutti dall’avanzata etiopica nell’ultima guerra? L’ultimo giornalista di nome che ha esplorato un poco questa realtà è stato, a quanto mi risulta, Ryszard Kapuscinski nel suo “La prima guerra del football” in cui parla, tra l’altro, di migliaia di giovani nullafacenti e disoccupati che passano il loro tempo girovagando o sedendo nei bar e sulle panchine quando non vengono portati nei campi di addestramento militare. Mi manca proprio una bella inchiesta giornalistica che racconti la situazione senza interpretazioni ma soltanto elencando le realtà che convivono in Eritrea, uno dei molti stati africani che pare stentino a trovare la strada giusta lungo la quale incamminarsi. Perdonami lo sfogo, ma sapendo del tuo sincero e profondo amore per l’Eritrea e le sue genti, mi piacerebbe avere la tua opinione. Un abbraccio, Angelo
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Caro Angelo, vorrei aiutarti ma non posso perchè è molto che manco dall’Eritrea e per il momento non ho in programma di andarci. Anch’io ho le stesse notizie che hai tu, resoconti di chi è tornato, interviste, filmati. Potresti sentire dalle sedi italiane di qualche missione, Nigrizia, la Consolata, La Salle, sicuramente sono informati. Ho saputo che il teff è salito a 7000 nakfa al chilo, ma anche questa è cosa risaputa. Se avrò altre notizie te le farò avere. Nicky
La teleferica Massaua – Asmara
Caro dott. Di Paolo.
30-7-04 Ho letto il suo articolo sulla teleferica nel sito il Corno D’Africa. Mi dispiace non essere d’accordo del tutto sulle sue considerazioni. Le invio in allegato quanto è a mia conoscenza diretta. La ringranzio e le porgo cordiali saluti. Gianni Cinnirella
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Caro Cinnirella, grazie per le preziosissime puntualizzazioni che provvederò subito a pubblicare. Sarebbe molto importante, a mio parere, poter sfruttare la sua memoria per il nostro sito. Le sarò grato di qualsiasi contributo vorrà inviarci per colmare le enormi lacune che esistono nella storia dell’Eritrea. Lei ha conoscenze uniche. Sarebbe un delitto disperderle.   N. Di Paolo
La littorina e la teleferica Massaua – Asmara
Ciao Nicky,
20-6-04   Complimenti per i tuoi articoli (quelli sul Mai Taclì) e quelli sul nuovo sito web: il Corno d’Africa.
Io sono stato in Eritrea dal 1936 (avevo 1 anno) a tutto il 1954. Ho vissuto, studiato (Ist.Tecn.V.Bottego) e lavorato fra Asmara e Massaua e quindi ho utilizzato la littorina per diverse volte. Mi sembra che però il viaggio durasse meno di tre ore. Ricordo ancora il rumore ritmico e quasi piacevole dei motori diesel e il rapido mutare dei paesaggi fra l’altopiano e la piana di Saberguma. Quanto alla teleferica, mi risultava che gli Inglesi (brava gente!), data la notevole potenza dei motori utilizzati, avevano in programma di trasferirla e utilizzarla quindi sulle montagne della Scozia. Il programma fu scartato visti i notevoli costi che avrebbe richiesto l’operazione.
Seguirò il Vs. nuovo sito con grande interesse e complimenti a te e a tutti collaboratori.
Cordialmente,
 Silvano Narrante
    silvanonarrante@tiscali.it Caro Silvano, la teleferica se la portarono effettivamente in India, e ti posso anche confermare che il viaggio con la littorina durava quattro ore. Ciao. Nicky
Gli Abissini
Franco Dell’Oro da Asmara ci rimprovera per aver chiamato Abissini gli Eritrei (18-6-04).       
“Abissino” deriva da Habasciàt, che è il nome di una delle tribù sudarabiche che hanno contribuito a formare il regno di Aksum, conosciuto anche come regno degli Habasciàt. Gli Aksumiti furono un grande popolo, che donò alla civiltà, fra le altre cose, la più alta stele del mondo. Gli Abissini sono i discendenti degli Aksumiti.      
Nella lingua araba il termine “habasc” significa “mescolanza di popolazioni”. Abissino può quindi assumere un significato sia dispregiativo sia di grande rispetto. Noi useremo il termine “Abissino” sempre con quest’ultimo significato. Alberto Vascon
 
  —– Original Message —– From: stefanopettini To: N.DiPaolo@libero.it Sent: Wednesday, June 09, 2004 2:33 PM Subject: Benvenuti
  Egregi componenti la redazione, benvenuti nel web,si sentiva la mancanza nell’affollato panorama di internet di un sito che si occupasse in maniera competente dell’amatissimo corno d’Africa. Tuttavia sono rimasto stupito dal tono della lettera al presidente Isaias Afwerki. Ho vissuto un breve ma intenso periodo ad Asmara e anche se devo ammettere che prima non sarei stato neanche in grado di dire dove fosse esattamente l’Eritrea ho recuperato il tempo perduto studiando tutto ciò che ho potuto trovare dal 1850 ai giorni nostri. Ora ho una moglie Asmarina e una figlia e quindi una intera famiglia ad Asmara. Famiglia di pochissimi mezzi e di molti componenti alcuni dei quali a rotazione sono andati a Sawa come tutti i coetanei compreso il figlio del presidente Isaias. Ho vissuto il vertiginoso aumento dei prezzi, la tragedia dei familiari morti al fronte, della mancanza di un buon livello di assistenza medica ecc ecc. Ma e’ un paese felice perché da sempre sa accontentarsi di quello che ha e vuole emanciparsi da solo senza il peloso aiuto di chi è sempre pronto poi a chiedere qualcosa in cambio. Non ho ragioni di schieramento per questo o quello sono un testimone super partes perché Italiano senza parenti vissuti in Eritrea. Non ho avuto l’impressione che un giorno L’Eritrea con improvvise mire espansionistiche abbia deciso di attaccare il gigante Etiopico, ma so di una infinità di angherie, uccisioni, sopraffazioni che parenti della mia famiglia di adozione hanno dovuto subire nella zona di Badme ad amministrazione e popolazione Eritrea dai tempi della colonia Italiana. Ricordo anche dell’incaponimento sulle isole Hanish basato su documenti Italiani che poi sono stati considerati non validi dalla commissione di arbitrato, ma anche dell’immediata accettazione delle decisioni prese in sede di arbitrato da parte del governo Eritreo. Ho visto una Eritrea in forte crescita con numerosi nuovi accordi commerciali alcuni dei quali con patner Italiani, nuove centrali elettriche, il nuovo aeroporto internazionale di Massawa ,la rivoluzione della toponomastica di Asmara che farà da pilota a quella del resto del paese, e molto molto altro. Spero con tutto il cuore di non essermi sbagliato, vi seguirò con molta attenzione.
Ancora benvenuti, ciao Stefano  
—– Messaggio inoltrato da francesco de leonardis <f.dele@mail.theo.it> —–
    Data: Tue, 08 Jun 2004 15:42:27 +0200
    Da: francesco de leonardis <f.dele@mail.theo.it>
Rispondi-A:francesco de leonardis <f.dele@mail.theo.it>
 Oggetto: Re: nuovo link
      A: di paolo <n.dipaolo@libero.it>

Caro Nicky,
Giovedì mattina metterò due righe sul Chichingiolo per annunciare l’arrivo del nuovo sito. E non mancherà menzione nella pagina dei links. Ho dato una furtiva occhiata e mi pare una gran cosa. Complimenti ai realizzatori, collaboratori, tutti insomma. Mi pare che siete decisi a partire lancia in resta. Alcuni dei nomi letti sono di grosso calibro. Hai detto bene, niente a che vedere con le scapate frivolezze del Chichi. Vi seguirò.
Auguri al Corno d’Africa, a tutti voi.
Francesco

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