Gian Carlo Stella, 30 agosto 2017
Emilio Cantatore era uno dei tanti italiani che, per cercare lavoro e possibilmente fortuna, aveva dovuto abbandonare l’Italia. Nato in Piemonte nel 1847, aveva partecipato nel 1866 alla sfortunata terza guerra d’Indipendenza, combattendo – nei ranghi del 1° reggimento bersaglieri -, gli austriaci a Custoza. Congedato prima che Roma venisse fatta capitale, non vedendo prospettive per il futuro, anziché seguire le grandi masse di italiani che emigravano soprattutto nelle Americhe, si portò in Egitto dove venne assunto come operaio agricoltore nella “Colonia italo-africana” di Sciotel nell’Hamasien, da poco fondata dall’ex lazzarista Giovanni Stella e dall’imprenditore Pompeo Zucchi. Le sorti della colonia agricola ben presto però fallirono, per la morte dello Zucchi (1867), poi dello Stella (1869) ed anche per il disinteresse del giovane governo italiano che pure vi aveva inviato una missione ufficiale per verificarne le potenzialità.
Anziché tornare in Egitto, Cantatore si stabilì a Cheren, coltivando tabacco con i fratelli Basilio e Fortunato Cocconi di Reggio Emilia, venuti nello Sciotel per lavorare pure loro come agricoltori nella Colonia italo-africana.
Frattanto Cantatore si era unito con una donna sudanese, già addetta presso la Missione Cattolica, dalla quale ebbe 5 figlie, per poi stabilirsi in una capanna ad Otumlo, località tra Massaua e Moncullo dove aveva aperto una cantina (tecceria, osteria).
Massaua e territorio circostante erano ancora sotto il dominio dell’Egitto, sino al 5 febbraio del 1885, quando la località venne occupata, improvvisamente e militarmente, dagli italiani.
All’occupazione di Otumlo partecipò il battaglione bersaglieri comandato dal bolognese Emilio Putti, e tra i fanti piumati affardellati, vi era anche un religioso ex garibaldino, Luigi D’Isengard, che così ricorda la scena:
“… Al tramonto del sole era succeduta l’oscurità della notte. … La voce squillante di un caporale si mise a cantare:
“Addio, mia bella, addio!
l’armata se ne va …”
Gli altri tacevano. Quand’ecco in lontananza una voce inaspettata, la voce della patria in mezzo al deserto, risponde:
“e se non partissi anch’io
sarebbe una viltà”.
“Il battaglione si ferma incantato, e un uomo si avanza. Era un ex bersagliere piemontese, un certo Cantatore …”.
Lo stesso momento è descritto in una lettera del conte viaggiatore Gian Pietro Porro:
“Stava seduto sull’angareb (il Cantatore), fuori dalla capanna, rammentando un’epoca migliore; quando cioè, con la carabina e lo zaino in ispalla, marciava co’ suoi camerati, e gli pareva di ritornare a quei tempi, di veder sventolare le gloriose penne di gallo fra la polvere della strada. A furia di sognarle gli sembrò di vederle: nell’ombra della sera, che poteva ingannare i suoi occhi, risonava un passo svelto, cadenzato, a lui ben noto. Credette d’impazzire: dinanzi si disegnava una colonna bruna, con armi scintillanti al chiaror di luna, composta d’uomini che evidentemente portavano lo storico cappello. Possibile? Uno squillo, una soneria stridente e ben conosciuta lo richiamano alla realtà: una realtà insperata, subitanea, confermata da due o tre comandi dati in italiano, da un mormorio di parole italiane… Il povero uomo s’alzò, ricadde sull’angareb: con uno sforzo fu di nuovo in piedi e, dopo pochi minuti, in mezzo ai bersaglieri”.
Nel 1887, dopo Dogali, troviamo Cantatore ancora proprietario della sua osteria in Otumlo, poi di lui si perdono le tracce.
Una piccola appendice: nel 1885 il venticinquenne ateniese Kusty, “un tipo color zafferano, col naso molto depresso alle origini e sviluppato alla punta”, invaghitosi di una figlia di Cantatore, approfittando di trovarla sola nella capanna, “per non perdere tempo pretese di cominciare laddove tutti gli altri innamorati abitualmente finiscono”, tentò uno stupro che non riuscì per la indiavolata reazione della ragazza. Le sue urla richiamarono il padre, che sporse denuncia alla polizia egiziana ed ai carabinieri (all’epoca Massaua era in condominazione). Kusty venne arrestato dagli egiziani, ma il giorno seguente, al “Caffè Garibaldi” di Massaua, si vide il maresciallo dei carabinieri sorseggiare una birra mentre al tavolo di fronte il greco Kusty giocava a domino con un capitano egiziano.
Gian Carlo Stella

