Centro Studi Somali -Università Roma Tre

PROGETTO ASCARIa cura di Alessandro Volterra2015174 pagine, illustrato B/NTesto in italiano ed inglese

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Come sottolinea Lapo Pistelli nella sua prefazione, chi nell’ultimo mezzo secolo si è occupato di presenza italiana in A.O.I. si è sempre diviso tra chi giustifica il nostro colonialismo in quanto­ più umano ed illuminato di altri coevi colonialismi; e chi invece lo accusa esclusivamente di nefandezze e violenze, oltre a essere stato becero e straccione.  E’ quella che Sergio Romano definiva come una specie di guerra civile t­ra “partito dell’onore” e “partito della verità”; ma, a mio parere, tale definizione nuovamente sottolinea il manicheismo tipicamente italico, dato che attribuire tout-court la “verità” solo alla seconda posizione è quanto meno aleatorio.

Insomma, si tende a limitarsi all’interpretazione, prima di essersi basati sulla rigorosa ricostruzione.

Il testo “Progetto Ascari” presenta l’immenso lavoro svolto da una équipe di studiosi e storici  presso l’Archivio Storico Stato Maggiore Esercito, che conserva una gran mole di documenti sulle nostre truppe coloniali non facilmente visionabili,  non solo per la sua collocazione in una caserma (il che rende complicato l’accesso agli studiosi stranieri), ma anche, aggiungo io,  per il limitatissimo numero di posti disponibili  in Sala Consultazione, cosa che richiede lunghi tempi di prenotazione per chiunque.

Tutti i materiali sono stati singolarmente scansionati (nonostante le difficoltà tecniche, trattandosi di fogli e inchiostri talvolta più che centenari, su supporti fragili e delicati) e digitalizzato, al fine di creare un data-base informatico. Attualmente, tale data-base è consultabile solo presso il Centro Studi Somali dell’Università di Roma Tre (eventualmente trasferibile su pen-drive, tenendo tuttavia presente che richiede almeno 20 GB).  L’Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito si è detto disponibile a inserirlo sul proprio sito ma i tempi non sono prevedibili. Si tratta di un totale di ben 38247 immagini.

Il testo di presentazione del lavoro è corredato da un’appendice documentaria, che riproduce a titolo di esempio alcuni dei documenti digitalizzati; e da un’appendice iconografica, che riporta alcune delle fotografie conservate presso il Laboratorio di Ricerca e Documentazione Iconografica del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università “Roma Tre”.

Come evidenzia il prof. Alessandro Volterra, nel caso degli ascari occorre parlare, più che della mitizzata “cultura guerriera” , di riconoscimento del coraggio fisico come valore positivo nella cultura eritrea, il che costituì una buona base per l’arruolamento, sia volontario, come generalmente attuato, che tramite il chitét (chiamata generale alle armi) quale venne effettuato all’ingresso nella 2a guerra mondiale. Non è possibile avere dati esatti sul numero di eritrei arruolati, data la mancanza di Uffici di Stato Civile e il disordine (anche per quanto riguarda le truppe metropolitane), della burocrazia militare locale, che non teneva regolarmente aggiornati i ruoli, tanto da provocare il risentimento delle famiglie per la lentezza nel comunicare, tanto per dire, i decessi. Si può calcolare che, per esempio durante il cruciale periodo 1935-41, i combattenti indigeni siano stati circa il 10% della popolazione totale, cioè la metà degli uomini validi (quindi approssimativamente 70mila).  L’ appartenenza alle Forze Armate, e particolarmente all’Esercito, è stata quindi un elemento caratterizzante dell’Eritrea italiana, assai più che in altri stati coloniali, determinando notevoli effetti economici e sociali.

La possibilità di accesso un poco più facile alla documentazione archivistica potrà quindi essere utile possibilità, anche per gli studiosi eritrei e stranieri, di approfondimento dello studio storico del paese.

21/12/15