Questurini della PAI in Africa
Vincenzo Meleca, 3 maggio 2017
Uno dei protagonisti della vita di Addis Abeba durante il -tutto sommato- breve periodo in cui questa fu la capitale dell’Impero italiano in Africa Orientale fu Paolo Romeo, primo ed ultimo Questore di Addis Abeba.

Figlio del medico Francesco, Paolo Romeo, nato a Monteleone (attualmente Vibo Valentia) il 20 febbraio 1895 e laureatosi in giurisprudenza presso l’Università di Napoli a soli 21 anni, fu subito dopo chiamato alle armi, partecipando alla Grande Guerra.
Dopo il corso per ufficiali di complemento, fu destinato come comandante di plotone ad un reparto di bersaglieri del 3° Reggimento della 3^ Armata, combattendo sul Carso e distinguendosi per il valore dimostrato, tanto da meritare la decorazione della Croce di Guerra al Valor Militare.
Terminato il conflitto, per breve tempo rimase nei ranghi del Regio Esercito, passando però in Polizia nel 1924, dopo aver vinto un concorso per Commissario.
Nel 1937, attratto come tantissimi altri italiani dal desiderio di vivere l’avventura africana, chiese ed ottenne di transitare nella PAI, la Polizia dell’Africa Italiana, dove, con il grado di Tenente Colonnello, si trasferì ad Addis Abeba con l’incarico prima di Vice-Questore e, quindi, di Questore di quella che era diventata la capitale dell’Africa Orientale Italiana.
Dopo pochi mesi si fece raggiungere dalla famiglia e dal cugino, Sottotenente Paolo Romeo, anche lui della PAI. Alla vigilia dell’entrata in guerra, arrivò rocambolescamente anche il figlio, Francesco “Ciccio” Romeo, Sottotenente dei Granatieri. Durante il periodo del suo comando non si registrarono incidenti di sorta con la popolazione locale, a differenza di quanto accadde invece in altre zone dell’Etiopia, dove la resistenza aveva assunto in taluni casi carattere di una vera e propria guerriglia.

La tutto sommato tranquilla vita di colonia dura purtroppo poco: il 10 giugno 1940 l’Italia -e con lei anche le sue colonie africane- entra infatti in guerra. In Africa Orientale, dopo alcuni iniziali, quanto effimeri, successi sul fronte sud, le cose volgono ben presto al peggio. La controffensiva britannica porta infatti alla conquista delle tre colonie.
La prima a cadere è la Somalia (marzo 1941), seguita dopo pochi giorni dall’Eritrea ed infine dall’Etiopia, dove il 17 maggio 1941 il Duca Amedeo d’Aosta si arrende sull’Amba Alagi. Resisterà ancora per pochi mesi solo il ridotto di Gondar,
dove il Generale Guglielmo Nasi sarà costretto ad arrendersi il 27 novembre 1941.

Senza opporre resistenza, Addis Abeba era caduta in mani britanniche già il 6 aprile 1941, con la formale resa da parte dei cinque più alti rappresentanti del Governo Italiano della città, e cioè il Generale Renzo Mambrini, Maggiore Generale della PAI, dal diplomatico Renato Piacentini (già ambasciatore italiano in Etiopia), il Capitano di fregata Mario Zambon, Comandante Superiore Navale in Africa Orientale Italiana, del Podestà Giuseppe Tavazza e del Questore Paolo Romeo al Generale Harry Edward de Robillard Wetherall, Comandante della undicesima divisione africana.
Vi fu un momento di particolare tensione quando si seppe che il Colonnello Dallas, capo del Political Office, contrariamente agli accordi presi con lo stesso Generale Wetherall, fatta ammainare la bandiera italiana, l’aveva calpestata con la sua stampella. La sdegnata e veemente reazione del Capitano di Fregata Zambon e del Questore Romeo, fece sì che la bandiera fosse issata di nuovo e poi ammainata con i dovuti onori1.
Dopo la resa il Questore Romeo, per motivi non ben chiari, non entrò a far parte del cosiddetto Comitato Centrale Italiano2, un organismo politico-amministrativo cui gli inglesi avevano pensato di affidare, sotto la presidenza del colonnello Dallas, (lo stesso ufficiale che era stato protagonista dell’incidente sopra descritto), il compito di gestire i rapporti con i residenti italiani ad Addis Abeba, il cui numero era stimato in circa 40.000.

A Paolo Romeo, confermato nella carica di Questore, ed alla PAI i britannici affidarono invece l’ordine pubblico, ma, dopo alcuni violenti scontri con la popolazione etiopica, gli inglesi disarmarono i poliziotti italiani ed affidarono l’ordine pubblico all’appena ricostituita polizia etiopica.
Ritenuto probabilmente responsabile di quanto accaduto, il Questore Romeo fu rimosso dall’incarico e, considerato prigioniero di guerra, deportato in Kenya, prima nel campo di prigionia di Eldoret (POW Camp 356), quindi in quello di Nanyuki (POW Camp 354), poi ancora ad Eldoret ed infine, nel settembre 1943, a Londiani (POW Camp 365), dove rimase fino al 1946, quando fu rimpatriato.
La moglie Rosa e la figlia Bebè, dopo essere state internate nel campo di prigionia di Dire Daua per quasi un anno, rientrarono in Italia nel giugno del 1942 a bordo di una delle famose “navi bianche”, la Giulio Cesare.

Sottoposto, come tutto il personale della PAI (ritenuta una istituzione fascista), al giudizio della Commissione di Epurazione, Paolo Romeo risultò non colpevole delle accuse di “grave faziosità fascista”, per cui, con provvedimento del 15 giugno 1946,
non si fece luogo alla sua epurazione. Reintegrato nei ranghi della Polizia (allora chiamata Pubblica Sicurezza), ebbe l’incarico di comandare l’Ispettorato di P.S. per la V^ Zona “Emilia – Marche”, incarico che svolse fino alla mattina dell’8 Gennaio 1949, quando, mentre viaggiava per motivi di servizio a bordo di una autovettura della “Celere” di Bologna, nei pressi del paese di San Giovanni in Persiceto la sua autovettura si scontrò frontalmente con una autocorriera la quale, nonostante la fitta nebbia che in quel momento gravava sulla zona, aveva invaso la corsia opposta, nel tentativo di sorpasso di un autotreno.
Le sue spoglie sono sepolte nel cimitero di Siderno Superiore, in provincia di Reggio Calabria.

Note
1 L’episodio è dettagliatamente descritto da Alfio Berretta in “Prigionieri di Churchill”, Edizioni Europee, 1953 pag. 42.
2 Di questo Comitato fecero parte il Maggiore Generale Renzo Mambrini, Capo della Polizia dell’Africa Italiana, l’ex Ministro plenipotenziario ad Addis Abeba Renato Piacentini, il Vice Podestà Giuseppe Tavazza, il Capitano di Fregata Mario Zambon e Giovanni Corsini. Il Comitato si riuniva quasi tutti i giorni sotto la presidenza del colonnello Dallas ed affrontava tutte le questioni concernenti gli italiani di Addis Abeba. Altri organismi che davano assistenza alla popolazione italiana furono la Croce Rossa Italiana e il Vicariato apostolico. Cfr. Renato Piacentini, “La questione Etiopica e l’Italia”, archivio famiglia Piacentini, pag. 16).
Fonti
Alfio Berretta, “Prigionieri di Churchill”, Edizioni Europee, 1953
Gian Carlo Stella, “La caduta di Addis Abeba nel Maggio 1941”, Storia Militare, dicembre 1993, pag. 39