La misofonia è un disturbo neurologico caratterizzato da una reazione negativa e intollerante a uno o più rumori o suoni, indipendentemente dal fatto che sia forte o debole o dalle caratteristiche acustiche del suono stesso. Il tipo di suono che scatena la reazione sarebbe, secondo le scarse conoscenze scientifiche, specifico di ogni singolo soggetto che ne è affetto e può scatenare in chi ne soffre, ingiustificate reazioni di rabbia, ansia, panico e talvolta dare luogo a risposte violente pericolose per chi crea particolari rumori.
Nella letteratura medica sono riportati vari esempi di misofonia causati da:
– suoni nasali (russamento, singhiozzo)
– suoni orali (sgranocchiare, imitazioni di rumori intestinali, mangiarsi le unghie)
– suoni intestinali (borborigmi e flatulenze)
– Il pianto dei bambini
– rumori o suoni emessi dagli animali (alcuni versi degli uccelli tipo quelli di corvi e cornacchie)
– il gracchiare delle rane
– rumori generati con i movimenti articolari (scrocchiare le articolazioni)
– suoni ambientali (limatura delle unghie, suonerie dei cellulari, ticchettio degli orologi e tanti altri)
La scarsa produzione scientifica sull’argomento non ha considerato il fatto che chi è colpito da misofonia possa essere disturbato da più rumori, non c’è neppure accenno ad un possibile disturbo di tipo familiare e nemmeno si hanno notizie sull’andamento del fenomeno, e più in particolare se la sua intensità aumenti o diminuisca nel tempo.
Mancano poi del tutto studi epidemiologici che considerino la diffusione della misofonia.
Secondo alcuni ricercatori una possibile causa della misofonia sarebbe legata a un disordine neurologico risultante da un’esperienza negativa, avvenuta in età infantile, causata da uno specifico suono. Questa condizione clinica sarebbe però riscontrabile solo in età infantile, ma è in genere associata a altri disturbi neuro-funzionali e psico-funzionali. In ogni caso, negli ultimi anni, dal momento che i casi di misofonia sembrano sempre più frequenti, sono stati sollecitati studi al riguardo: gli obiettivi sono stati, da un lato, cercare di individuare quali sono le aree del cervello coinvolte nel momento in cui si innesca il suono fastidioso per la persona e, dall’altro, trovare modalità di risoluzione o gestione del problema.
Attualmente, la conclusione più importante a cui sono giunte le ricerche è l‘evidenza del ruolo dell’amigdala: la risonanza magnetica effettuata su persone colpite da misofonia, individua nell’amigdala la parte del cervello maggiormente attiva. Possiamo definire l’amigdala il nostro centro di allarme, responsabile dell’elaborazione dei segnali di pericolo e più in generale delle nostre reazioni emotive.
Quando un misofonico è esposto a un suono trigger, l’amigdala si attiva e inizia quella che viene definita “risposta attacco-fuga”. Il corpo rilascia adrenalina e cortisolo (ormoni che aumentano la frequenza cardiaca e i livelli di vigilanza) e tutto l’organismo si prepara per reagire a una minaccia percepita. Il problema per chiunque sia affetto da misofonia è che in realtà non esiste alcuna minaccia o pericolo.
Non c’è nulla di intrinsecamente pericoloso in qualcuno che mangia una zuppa rumorosamente, o mastica chewing gum.Ciò che fa l’amigdala è interpretare erroneamente questi rumori come segnali di pericolo Al momento non esiste un modo efficace per fermare questa risposta, anche se la ricerca continua a lavorare. A questo punto è lecito chiedersi cosa c’entri il Corno d’Africa con la Misofonia.
Lo spunto me lo ha fornito una notizia apparsa su diversi media che riportavano una proposta di legge per controllare il fenomeno della flatulenza sugli aerei. Non è uno scherzo. Una deputata di un collegio elettorale del Kenya, ha presentato la proposta dichiarando, di fronte al Parlamento, che i peti dei passeggeri, rumori e puzze stanno diventando una minaccia alla sicurezza a causa del disagio causato ai compagni di viaggio. Un disagio che, se non gestito bene, può diventare pericoloso.
La proposta è stata avanzata mentre si stavano discutendo le modifiche a una legge sulle infrazioni commesse sugli aeromobili. Tra le sue proposte di riforma, la parlamentare ha inserito una norma che consente agli equipaggi di volo di distribuire farmaci anti-flatulenza ai passeggeri. Secondo la proponente però, ciò non è sufficiente. Le linee aeree dovrebbero distribuire a bordo cibo che non favorisca la creazione di aria nell’intestino e adottare sistemi medici di base in grado di ridurre il livello di gas.
Il peto è così irritante che può condurre a litigi e a scontri tra viaggiatori a bordo e ciò può rendersi molto deleterio all’interno di un aereo. E’ un fenomeno che andrebbe quindi controllato così come sarebbe opportuno monitorare anche il consumo di alcolici a bordo che possono allentare la vigilanza e quindi ridurre l’autocontrollo. Una cosa che mi ha sempre incuriosito in Eritrea, ma poi ho potuto constatare che era diffusa in tutto il corno d’Africa era l’atteggiamento a mio avviso del tutto originale che gli indigeni avevano più o meno tutti verso qualsiasi rumore che ricordasse quello di un peto o di una delle tante altre manifestazioni aeree generate dall’apparato gastrointestinale (taratit in tigrigno).
I miei ricordi sono più vivi negli anni trascorsi nell’ambito studentesco dove era marcatamente evidente il rigetto misofonico che gli indigeni avevano per le pernacchie , vere o procurate con qualsiasi mezzo che gli europei creavano a dismisura per poi divertirsi alle reazioni incontrollate degli indigeni, apparentemente esagerate e che spesso finivano in rissa. D’altra parte se mancava un po’ di sensibilità agli studenti europei, l’occasione di fare andare in bestia un eritreo con una azione di per se innocua e talvolta simpatica era, negli ambienti studenteschi, troppo allettante per non metterla in atto.
Ben presto ci si rese conto che non solo le pernacchie vere o finte che fossero, ma tutta una serie di rumori che avessero una particolare rumorosità associata ad un ritmo, provocavano il medesimo effetto di rigetto verso chi quei rumori li subiva. Gli indigeni erano talmente sensibili che cercavano anche di rendere il più possibile silenziosi, i rumori provocati da loro stessi; come esempio può essere sufficiente ricordare che lo stesso crepitio generato dal fuoco di rami secchi disturbava i più sensibili che lesti si allontanavano dal fuoco rumoroso per poi tornare a utilizzare la silente brace che si era formata.
A tal proposito mi sono chiesto spesso come riuscissero a suonare nelle bande musicali eritree i suonatori di bombarde e bombardini, di trombe e tromboni che generano suoni che all’apparenza paiono appartenere alla schiera di quelli incriminati . A quanto mi risulta, in Eritrea non sono mai stati fatti studi al riguardo. Sono molti invece gli autori di narrativa che negli anni 30/40 hanno descritto il simpatico fenomeno; ma possiamo evidenziarne due aspetti peculiari di per sé evidenti: – il primo è che quasi tutta la popolazione ne è affetta, con pochissimi esclusi e, a quanto mi risulta, solo nel Corno e dintorni esiste questo disturbo endemico. – in secondo luogo, la maggior parte dei soggetti colpiti sono sensibili a vari rumori.
Questo succedeva ancora al momento della mia laurea, ma non so quale sia oggi il modo di reagire di un abitante del Corno nell’udire uno di quei rumori che erano propri dei diavoli e andavano osteggiati. Non so quale sia oggi la situazione, ma ho sempre vivo il ricordo di quando all’Asmara lavoravo nel laboratorio di analisi privato del professor Manfredonia dove Giovanni, un giovane e valido tecnico eritreo, reagiva in maniera violenta e scoordinata al rumore emesso da qualche burlone; quando udiva una pernacchia, qualsiasi cosa avesse in mano, Giovanni la scagliava senza un preciso obiettivo, spesso causando guai che facevano imbestialire il professore; non esisteva un rimedio perché, malgrado le reprimende e le minacce, Giovanni continuava nelle sue reazioni apparentemente inspiegabili; reagiva anche alle parolacce, ma solo verbalmente e con una certa cortesia, ma dava letteralmente di matto se qualcuno emetteva una innocua pernacchietta in genere finta, ma sempre maledetta.
Non esistevano argomenti che potessero essere accettati se trattavano di flatulenze: era inutile citare Dante Alighieri che trattava con noncuranza l rumori corporei o cercare di metterla sull’ameno tentando con i miei sforzi di raccontare storielle inerenti la flatulenza. Mi ricordo di una barzelletta che non sono mai riuscito a raccontare in modo completo a Giovanni perché o fuggiva dal laboratorio per non sentirla o mi impediva di raccontare, alzando il volume di una radio che tenevamo in genere sempre accesa.
La mia storiella era o almeno sembrava molto pulita e trattava di una sfida fra tre persone di nazionalità diversa su chi fosse stato capace di prospettare agli altri due di essere in grado di fare una cosa impossibile ; mentre uno dei tre, americano ostentava di poter costruire un grattacielo di 500 piani, un altro, francese, avrebbe innalzato la torre Eiffel di altri 300 metri; l’italiano per ultimo fa una bella pernacchia e sfida gli altri a pitturarla di verde.
Non sono mai riuscito a raccontare a Giovanni la barzelletta completa perché se la dava a gambe prima che potessi terminarla. Stesse reazioni incontrollate si registravano, almeno fino alla fine degli anni 60’. costantemente se si emettevano suoni con la bocca, con il sedere o con qualsiasi strumento che generasse i “taratit”; non era infrequente che quei rumori, colpendo in una maniera talmente forte l’inconscio di chi la subiva, potesse far scagliare all’indigeno qualsiasi cosa avesse in mano in quel momento contro l’autore della pernacchia, vera o falsa che fosse.
Ho chiesto più volte spiegazioni di tali atteggiamenti, mi è stata data sempre la solita risposta: sono rumori diabolici e se li senti, vieni investito dalla maledizione del maligno; ma non solo I suoni emessi da persone che si trovavano nelle vicinanze, erano maledetti anche i suoni provenienti dal proprio corpo; infatti i primi esploratori che nel loro spostamenti a piedi o a dorso di muletto, udivano rumori di sassi sbattuti fra loro, avevano imparato che quei suoni erano prodotti da indigeni intenti a soddisfare I propri bisogni all’aperto e per non sentire i rumori aggiunti, li coprivano con quelli delle pietre sbattute. !4
Non ho mai riscontrato in Italia un comportamento di tale intensità verso pernacchie: nelle università italiane circolava addirittura una classificazione di tali rumori e si trovava sempre un simpaticone pronto a recitare le strofe accompagnandosi con versi della bocca per esemplificare l’elencazione. Mi piacerebbe vedere la faccia di un eritreo nel sentire recitare la simpatica catalogazione, ma mai si è presentata questa opportunità . Da un punto di vista analitico la reazione degli eritrei ai rumori molesti presenta due principali particolarità: A parte rare eccezioni, è diffusa tra tutta la popolazione, È provocata nello stesso individuo da tanti tipi di rumori molesti. Tale diffusione trova difficilmente una spiegazione. Al limite si potrebbe chiamare in causa un’alterazione genetica, realizzata nei secoli e trasmessa e sostenuta da una motivazione religiosa importante. Questo scritto. tuttavia. vuole essere solo un ameno ricordo, lasciando a chi studia questi aspetti della psiche umana trovare una valida spiegazione del fenomeno.
Nicky Di Paolo
11 giugno 2020