Mentuab era una regina etiopica vissuta a Gondar nel 1700. Giovanissima vedova del terribile Bacaffà, gli successe al posto del figlio, troppo piccolo per regnare. Il suo lungo regno fu caratterizzato da pace e benessere e ciò fa di lei un esempio di saggezza e di lungimiranza. Era ricca di intelligenza, garbo, notevoli capacità artistiche, cultura e anche di una straordinaria e duratura bellezza, testimoniata dai contemporanei, compreso l’esploratore scozzese James Bruce, console d’Inghilterra ad Algeri, che era andato in Etiopia alla scoperta delle sorgenti del Nilo, il quale la incontrò quando era ormai oltre la sessantina e ne rimase talmente affascinato da parlarne a lungo nei suoi diari.

Il romanzo si apre ai giorni nostri, quando l’orefice quarantenne Fabio Leodandi, in crisi sentimentale, acquista un cascinale in Toscana e trova, dietro un tramezzo, i diari del figlio degli antichi proprietari, Pietro Tamburi, ufficiale dell’esercito al tempo dell’invasione dell’Etiopia nel 1936, conservati insieme a un rotolo finemente miniato e scritto in gheez (l’antica lingua letteraria dell’Etiopia) dalla regina Mentuab. Dapprima solo incuriosito e poi sempre più conquistato sia dal mistero racchiuso nel rotolo, sia dalle malinconiche vicende di Pietro, di cui si sono perse le tracce dopo la deportazione in Germania, Fabio parte per l’Etiopia, seguendo, dunque, una doppia traccia.

I capitoli si alternano, narrando le storie d’amore “in tre gradini del tempo”: quello segreto di Mentuab per Iassu, semplice capo delle guardie; quello di Pietro per la moglie etiopica Zion, ostacolato dalle vicende della guerra; quello incerto di Fabio per Fulvia, la fidanzata che lo ha lasciato e per Almaz, la giovane informatica eritrea, conosciuta per caso in aereo, che lo accompagna nelle sue ricerche.

La vicenda è ben narrata e scorrevole, nonostante la complicazione del continuo salto di tempo,  anzi è proprio il differente punto di vista sullo stesso luogo visitato in tre epoche diverse a costituire uno dei pregi del romanzo.

L’espediente del ritrovamento del diario, pur essendo uno dei più comuni, qui è molto efficace e non banale anche per la presenza del rotolo di Mentuab. Le scritte enigmatiche che accompagnano le miniature del rotolo sono infatti una delle chiavi del romanzo, che alla fine svelerà un commovente segreto. Non sarà comunque l’unico colpo di scena in un finale certamente non scontato.

Una delle colonne portanti della narrazione è “il viaggio”, non solo quello in tre gradini del tempo, come suggerisce il titolo. Tutti i protagonisti, infatti, si muovono continuamente: Mentuab scopre le meraviglie del suo regno affrontando i disagi dei percorsi attraverso l’altopiano; l’approccio di Pietro all’Etiopia è reso con la lunghezza del viaggio in nave e con il progressivo avvicinarsi ad una realtà sconosciuta; Fabio si sposta dall’Italia all’Inghilterra e nell’Etiopia moderna inizialmente con la velocità che contraddistingue il nostro modo di vivere, poi con la lentezza riflessiva e appagata che l’Africa gli suggerisce.

Il viaggio è anche metaforico e significa per tutti i personaggi il raggiungimento della conoscenza: Mentuab fin da bambina è desiderosa di imparare e rimane vivace e curiosa fino alla vecchiaia, nonostante le disgrazie della vita, come risulta dall’incontro con Bruce; Pietro parte  alla scoperta di se stesso e la sua trasformazione sarà una sorpresa anche per il lettore; il viaggio di Fabio sulle tracce di Mentuab e di Pietro è in realtà il tentativo di dare un senso alla vita e all’amore.

Anche il lettore godrà di un suo personalissimo viaggio, attraverso i luoghi, gli odori, le situazioni, i nomi, i colori, gli animali e i costumi dell’Etiopia, resi con grande freschezza e attenzione.

L’autore, infatti, è un profondo conoscitore dell’Etiopia in ogni suo aspetto, essendo nato e vissuto in Eritrea fino alla fine degli anni 60: lo si intuisce anche senza saperlo poiché le descrizioni, i commenti e le citazioni sono puntuali e assolutamente attendibili. Deve aver condotto anche un’approfondita ricerca storica, che arriva fino ai particolari del paesaggio e degli interventi operati dall’uomo, sia sull’Etiopia del 1700, sia su quella più recente della nostra occupazione.

In conclusione, consiglio questo libro sia a chi è interessato all’Etiopia, sia a chi desidera solo impiegare proficuamente qualche serata con un bel romanzo. Segnalo inoltre che Niky Di Paolo è uno dei fondatori del sito www.ilcornodafrica.it , autentica miniera di informazioni sull’Etiopia e l’Eritrea.