Beppe Storelli, 28 agosto 2017
Questa fatiscente e semi distrutta costruzione è ciò che rimane a Massaua di una bellissima struttura costruita dai Turchi nel periodo della loro occupazione. La foto mi è stata inviata via mail da un amico che stante i numerosi divieti imposti dalla dittatoriale amministrazione eritrea è riuscito a fotografare alla ricerca del tempo che fu in Massaua.
Da bambino all’età di dieci anni ci ho trascorso le mie prime vacanze prima di riprendere gli studi scolastici. Di quelle vacanze serbo tutt’ora un dolce ricordo, il mare così limpido e profondamente azzurro. L’odore della salsedine, i pescatori con i loro sambuchi. Le albe tremendamente rosse con un sole infuocato che faceva capolino dalle onde del mare calmo.
Ci abitavano i finanzieri italiani, e tra essi ve ne era uno che ricordo ancora simpaticamente. Alla sera, dopo cena e prima di ritirarci, amava intrattenerci suonando la chitarra e cantava le bellissime canzoni del suo tempo. Inoltre sul retro della casa aveva creato un piccolo orticello, dove tra l’altro venivano su dei dolcissimi cetrioli, e lui vedendo che non disdegnavo di mangiarne, mi diceva “Non occorre tu me li chieda, puoi raccoglierne quanti ti vanno di mangiarne”.
Io mi limitavo a portarne con me un paio, quando la sera con il cugino di mio papà andavamo al cinema all’aperto. Oltre all’orticello curava un giardino, che era situato lì dove ora sono spuntate erbacce e crescono cespugli; costui aveva una predilezione per la “Canna Indica”, tanto che nelle mie prime esperienze fotografiche io amavo riprenderle.
L’edificio era sempre tinteggiato di un bianco rilucente ed era come una specie di simbolo per la città di Massaua. Alla destra dell’edificio c’è una stradina che porta ad una piccola darsena, dove l’amico Osman tirava in secco la barca. La barca che più di
una volta ha ospitato noi e i Martinez, quando si andava a Massaua per un fine settimana, e dovevamo risparmiare i soldi dell’albergo, perché allora ne giravano pochi di soldi, ma non dimenticavamo di lasciare una simbolica cifra per i quattro figli di Osman.
Chissà quale sorte toccherà ora a questa antica e bellissima costruzione turca, che una guerra insensata, come tutte le guerre, ha distrutto. Probabilmente verrà demolita, di modo che potranno sparire le vestigia di un passato ed una cultura cui nessuno più importa conoscere.
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