Gian Emilio Belloni, 30 novembre 2006

In questi luoghi bellissimi, la superficie terrestre è tagliata da precipizi profondi, e i  torrenti serpeggiano fra scoscesi e solenni fianchi di monti altissimi e ricchi di vegetazione. In questo lembo di terra ricco di verde e di acque limpide si elevava, frammisto a piante belle a vedersi e cariche di dolci frutti da mangiare,  l’albero della vita.

Quando la terra era ormai preparata per ricevere l’anima vivente che doveva essere a sua immagine e somiglianza, al sesto giorno, Dio creò  il primo uomo. Per il settimo giorno, il giorno del riposo,  il Signore si ritirò in cima al  Ras Degèn per contemplare la vita. Qui, infatti, i cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia la sua opera .

Nella  lunga storia dell’Abissinia, le popolazioni dell’Agaumedìr hanno avuto un ruolo importante  nella difesa delle tradizioni cristiane messe in pericolo dalle invasioni provenienti dall’Egitto e da quelle giunte  attraversando il Mar Rosso. A difendere gli Agau dall’arido ed inospitale paese dei bevitori di duma, gli Ophir, il grande Padre degli Agau pose tra loro, a guisa di gigantesco bastione sulla sottostante pianura, le catene montuose del Semièn, del Beghemedìr, del Goggiam e del Lasta, ove si ergono verso il cielo terso dell’altipiano il Ras Degèn, il Gunà, il  Menghistù e il massiccio montano dell’Abuna Josèf.

Alle montagne dell’Abuna Josèf fu affidato il compito d’alimentare, con le sue fonti, uno dei fiumi più importanti dell’Abissinia, il Takkazè-Setìt. All’inizio le acque gelide scorrono tra pietre, rocce, eriche, licheni e lobelie, poi, nel degà, raccogliendo altri piccoli corsi, la corrente diventa impetuosa e, nascosta dalla vegetazione, corre a valle. Questo fiume, formato dal ramo di destra chiamato Tsellarì, e da quello maggiore di sinistra, detto appunto Takkazè (il fiume), porta acqua per tutto l’anno. Dei suoi 750 km  di percorso, almeno 400 sono in terra Agau, e il suo letto, che è di pochi metri quando scorre tra i monti, raggiunge  poi anche la larghezza di un chilometro. Questo corso d’acqua dona la vita a tutte le genti Abissine che vivono tra  Gondar ed Om Ager, e si dice sia stato fonte battesimale per i credenti dell’Abissinia.

Le genti Agau da sempre odono dolci nenie scendere dalle fertili valli dei loro monti, quando il vento soffia da sud e spinge a settentrione le nuvole cariche di pioggia. Le melodie cantano del sacrificio del grande bufalo che donò  la pelle del suo possente dorso per ricoprire  tutta l’Abissinia e farne un forte e resistente scudo, allo scopo di proteggere le popolazioni locali e la loro fede Cristiana.

Quando le nubi si spostano e liberano le vette di queste montagne, da esse si sprigionano scintillii dai mille colori, dotati di una luce così intesa che la tradizione vuole sia la benedizione che il Padre Celeste invia a tutte le genti cristiane dell’altopiano a conferma del patto stretto tra Dio e gli uomini dopo il grande diluvio.

In parecchie regioni  si crede che le due  antiche città  distrutte dal fuoco celeste fossero collocate nel territorio degli adal, nelle vicinanze di Assale. La punizione mandata da Dio trasformò tutto il paese in terribile manda che, ancora oggi, atterrisce gli uomini che vi transitano. A tale proposito, le genti Agau si tramandano una leggenda  secondo la quale i loro padri assistettero dalle cime delle montagne alla distruzione di Sòdoma e Gomorra:

….Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco. Distrusse queste città e tutta la pianura con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale…

….Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della pianura e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace….

Tra queste immense montagne la fede si mantiene ancora più salda di quando giunse portata da Frumenzio e dai preti siriani. Ancora oggi, a distanza di secoli, dolci echi di voci celestiali, portate dagli alisei, scendono a valle dall’Abuna Josèf, facendo giungere alle genti Agau canti che celebrano la santità di Maryam e del Figlio suo Yesus.

I bimbi Agau,  sentendo queste  melodie, le imparano e prestissimo le recitano come se le leggessero direttamente dal sacro Weddase Maryam :

Besalame qeddus Gabriel melak

o egzitiè Mariam, salam leki

dinghìl behilinaki we dinghìl besigakì.     

Emme Egziabeher Sabaot, salam lekì

e  proseguono:

Burukt antì im anèst we burk feriè karsikì.

Tefersihì o fessith o Mariam

melihtè tseggà sacalì lenè

Egziabeher misliekì

seali we tseslì beintianè

habe fikur weldikì

Yesus Kristos

keme lezenerehakì.

Ighiziè we begiziè motenè.

Amien.

Ciò è quanto accade, ancora oggi, sulle terre dell’Agaumedìr.