10 giugno 2007

Ho scattato queste foto tra la fine di Dicembre 2004 e gli inizi  di Gennaio 2005, nel periodo in cui probabilmente Michela Wrong stava finendo il suo libro “I didn’t do it for you”, nel quale dedica alcune belle pagine alla ferrovia Massaua – Asmara.

In quei mesi, avevano appena finito di risistemare i binari fino a Ghinda, e ogni tanto qualche convoglio saliva fin là, sempre che arrivasse in tempo il carbone dall’estero. In quei giorni tra Asmara e Massaua non si faceva altro che parlare di un carico di carbone appena arrivato dal Sudafrica, perciò speravo di percorrere almeno la tratta Massaua – Ghinda, ma non è stato possibile: non c’era un servizio regolare, solo di tanto in tanto, su prenotazione, una qualche comitiva di turisti poteva sperare di utilizzare il treno. Così ho pensato di scattare almeno qualche foto, mentre risalivo in auto verso Asmara.

Pensilina Liberty a Massaua

Per arrivare alla stazione di Ghinda si abbandona la strada principale, si percorre una strada di terra; vicino alla scuola c’è la stazione, dove un dolcissimo ferroviere di 85 anni era contento di rispolverare il suo italiano e di ricordare i nomi degli ingegneri e dei tecnici italiani per i quali aveva lavorato.

Vecchia locomotiva a Ghinda

A 85 anni, monta la guardia alla stazione di Ghinda

Sono arrivata nel pomeriggio nella capitale, e verso il tramonto mi sono avviata a piedi alla stazione, a cercare le tracce delle vecchie locomotive. Dai miei appunti di viaggio:

”Trovare i vecchi treni alla stazione di Asmara non è stato semplice. Intanto perché non è stato facile trovare la stazione. Noi siamo abituati a un piazzale, a un qualche segnale che ci indichi che siamo in zona stazione: lì invece ti additano un cortile polveroso, da cui si accede a un cortile sassoso, da cui…, ecc. Finalmente ho trovato un posto in cui qualche binario qua e là e qualche capannone mi facevano pensare a una ferrovia. Però niente treni, ma parecchie decine di persone in tuta blu intente a chiacchierare a gruppetti. Cosa se ne facciano di tanti ferrovieri in un posto in cui circolano solo un paio di treni d’antiquariato, qualche volta al mese e solo su prenotazione, è un mistero. Comunque, tutti molto gentili; ma mi hanno rimpallato da un capannone all’altro finché uno di loro, sempre attraverso cortili, cancelli, scalini, ecc., mi ha portato al binario giusto (…)

Il bello della stazione di Asmara è che puoi cacciare il naso dove vuoi, salire sulle locomotive, infilarti nel vano carbone, ecc., senza che nessuno te lo impedisca. Al massimo mi hanno detto “Attenta” quando mi hanno visto arrampicarmi in cima a una locomotiva. “Vivi e lascia vivere” sembra il loro motto”.”

Due locomotive a vapore, targate l’una “Società Anonima GIO. ANSALDO Genova 1938.XVI – n. 1369” e l’altra “n.1363”

Locomotiva targata “Società Italiana ERNESTO BREDA per costruzioni meccaniche – n. 2457  MILANO 1937

Un vano carbone

Dopo, mentre cercavo un ufficio a cui chiedere qualche informazione, ho incontrato lei, la littorina Fiat, ancora e sempre elegantissima.

Il giorno dopo, ho proseguito verso Cheren, Agordat, Barentù (la mia intenzione era raggiungere Tessenei). Si parla raramente della tratta ferroviaria che proseguiva oltre Asmara. Per quel che ne ho saputo, gli Inglesi ne smontarono l’ultimo tratto per farne rottami di ferro, ma il servizio fino ad Agordat è continuato fino ai primi anni ’70.  Dalla strada se ne vede ogni tanto la traccia là in alto, una cicatrice che taglia a mezza costa il fianco delle montagne e che poi si immerge in una galleria.

La graziosa stazione di Cheren funge ora da terminal per gli autobus