L’atletica tra gli italiani in Eritrea nell’immediato dopo-guerra come esempio di ciò che si può ottenere armati di buona volontà. L’autore ha preferito rimanere in incognito.
Nella lunga storia della colonizzazione italiana del Corno d’Africa, insieme ai militari, fu attore l’emigrante, con ruoli e funzioni in un primo tempo minori che però crebbero via via di importanza. Molti giudizi superficiali bollano la qualità dell’emigrante, ma, soprattutto per gli anni Trenta, gli specialisti sottolineano il contrario: «Al fascismo possiamo attribuire tante colpe, ma non quella di aver permesso un’esportazione della malavita nelle colonie; semmai avvenne proprio il contrario»1.
In Africa Orientale, i civili italiani mostrarono soprattutto grande capacità di adattamento e la ben nota creatività latina, che messe insieme produssero grande efficienza. «In soli 50 anni gli italiani hanno fatto dell’Eritrea uno Stato che per quei tempi era un piccolo gioiello di funzionalità e modernismo»2.
Hailè Selassiè, che tornò sul trono nel 1941 dopo essersi rifugiato in Gran Bretagna, «si rese perfettamente conto di questa efficienza, e fece di tutto per far rimanere i civili italiani in Eritrea e in Etiopia, dando loro la possibilità di continuare il lavoro intrapreso. E gli italiani rimasero. Continuarono a lavorare duramente anche quando dovettero subire e combattere il critico momento del terrorismo. Gli scifta, i banditi al soldo di chi voleva gli italiani fuori dall’Eritrea, ammazzavano i coloni, gli autisti, chi era costretto a lavorare in luoghi isolati»3.
Le truppe britanniche conquistarono Addis Abeba nella primavera del 1941, e nel novembre dello stesso anno cadde l’ultimo baluardo italiano a Gondar. I nostri compatrioti abbandonarono quasi tutti l’Etiopia, ma in Eritrea rimasero nuclei assai consistenti, e con la stessa ‘carica’ di vitalità e buona volontà a cui si è già accennato.
L’Eritrea rimase sotto occupazione militare alleata fino al 1° aprile 1949, quando alla British Military Administration subentrò la British Administration of Eritrea, organo civile. Purtroppo nell’immediato dopo-guerra l’Eritrea divenne zona assai movimentata di dispute politiche. Secondo gli inglesi l’Eritrea avrebbe dovuto essere smembrata in due: una parte da annettere all’Etiopia, e una parte al Sudan. «Due i capisaldi della politica inglese: dimostrare l’artificiosità della colonia Eritrea, prodotto di una‘invenzione’ italiana, e l’incapacità di quest’ultima di costituirsi come un’entità economicamente vitale senza un aiuto dall’esterno, il loro, che avrebbe consentito agli inglesi il controllo di un territorio strategico quale l’Eritrea,chiave’ del Mar Rosso. Le risposte alle proclamate intenzioni inglesi furono unanimi, sia da parte degli italiani sia da parte degli eritrei, nel rifiutare ogni tentativo di spartizione»4.
Le richieste italiane si basavano però sul perpetuarsi delle solide e collaudate consuetudini del passato, mentre gli eritrei rivendicavano una piena autonomia, indipendente da qualsiasi altra entità politica.Gli italiani di Eritrea, totalmente abbandonati dal governo di Roma, cercarono di coalizzarsi tra loro e anche di aggregare attorno a sé quella parte di popolazione nativa che per vari motivi si sentiva ancora legata agli italiani. La British Military Administration vide in queste iniziative un contrasto con i progetti di Londra sull’Eritrea, e cercò di ostacolare le mosse locali italiane e ogni idea in favore di una possibile amministrazione fiduciaria da assegnarsi all’Italia sotto l’egida dell’ONU.
Fu in questo clima avvelenato che, a metà 1947, prese il via il sanguinoso periodo del terrorismo anti-italiano, che continuò per anni. Nel 1949 l’ONU bocciò l’idea del passaggio dell’Eritrea in amministrazione fiduciaria all’Italia, e nel dicembre 1950 lo stesso ONU decise la sua annessione all’Etiopia, evento concretizzatosi ufficialmente nel 1952. Nel 1949 gli inglesi, intenzionati a far sì che gli italiani, intimoriti dagli attentati operati dagli scifta, venissero indotti a rimpatriare, a parere di molti non solo tolleravano, ma anche pilotavano gli stessi banditi. Nel mese di maggio gli scifta fecero capolino anche nella nostra abitazione.
Una notte tentarono di sfondare la porta. Fortunatamente era robusta e, prima che cedesse, transitò una camionetta di ronda con a bordo nostri connazionali della Polizia Africa Italiana. L’attentato fu sventato, ma papà si attivò per organizzare subito il rimpatrio. Su un rompighiaccio residuato bellico, lo Sparta, adibito al rimpatrio profughi, in dodici giorni attraversammo il Mar Rosso(da Massaua a Suez), raggiungemmo Porto Said, risalimmo la nostra penisola e sbarcammo a Napoli.

Qualche ricordo
Giunsi in Eritrea nel 1938 insieme ai miei due fratelli minori e a mamma, chiamati da nostro padre, che già vi si trovava. In seguito, anni dopo, compresi il valore del gesto di mamma: con 3 ragazzini partì fiduciosa verso l’ignoto, lei, cittadina abituata ai colonnati di San Pietro, si ritrovò in una landa sconfinata e si adattò a un’esperienza pionieristica. Siamo nella città di Asmara, 2480 metri sul livello del mare.
Ricordo sensazioni ed esperienze indimenticabili: le serate sotto il cielo stellato, lo stormire delle foglie del boschetto di eucalipti e l’intenso profumo, il cinguettare dei passeri al mattino, un cielo senza una nuvola, l’aria pulita, lo scrosciare delle grandi piogge dopo mesi di siccità seguito da un odore eccitante: era la vita che rinasceva. Le Ambe, montagne dalla cima piatta, e il sole che sorgeva all’alba, rotondo e rosso, che non trovava piante sotto la cui ombra riparare; il torrente semiasciutto del Mai Belà. Giunti sul posto in piena notte, sul terreno si notavano piccole protuberanze che al mattino si trasformavano in piccoli gigli dallo stelo sottile. La temperatura era di 20-25 gradi di giorno, 16-18 gradi di notte: una eterna primavera. Papà ci fece trovare una modesta abitazione colonica, da lui costruita con materiali rimediati all’officina del Genio Militare, dove lavorava. Il centro di Asmara distava da quel luogo circa 3 chilometri.
Per l’acqua c’era un pozzo, con pompa a mano, motivo di grande divertimento per noi ragazzi, e c’erano pali con recinzione di filo spinato per proteggere l’orto dal passaggio delle carovane di cammelli, che avrebbero distrutto tutto. In seguito si aggiunsero altre famiglie di impiegati del Genio, arrivando a costituire un villaggio. Alle nostre spalle si ergeva, imponente, il forte Baldissera.
Nostro padre, orafo provetto, lavorava in qualità di meccanico di precisione. Terminato il sogno coloniale italiano, e arrivati gli inglesi, un connazionale addetto alla ristorazione lo fece assumere al Circolo Ufficiali inglese in qualità di cameriere, e ottenne quindi un regolare permesso di soggiorno. Certo, il documento in suo possesso, con la foto in camicia nera con sopra scritto «me ne frego», non era dei più adatti. In seguito trovò impiego presso la ditta Albo Bondioli, coppe e targhe sportive, metalli, nichelatura, argentatura, ecc.
E alcuni anni dopo riprese a esercitare il suo mestiere di orafo nella bottega artigiana di argenteria e arte orafa F. Guidetti, molto nota in Asmara. Conobbe quattro colleghi, che decisero di trasferirsi e metter su un proprio laboratorio sotto i portici, accanto al cinema Odeon, luogo molto ambito in Asmara, dove lavorarono molti giovani artisti italiani tra i quali Anna Miserocchi. La domenica nostro padre impegnava le sue inesauribili energie nell’organizzare eventi sportivi al campetto di Santa Barbara, un pianoro sotto il forte Baldissera. Lì organizzò il torneo di calcio a sei Targa Casaburi, per ricordare un amico perito sull’Amba Alagi, e inoltre il circuito di corsa a piedi di Taulud, la Coppa Bondioli, manifestazione di atletica leggera, incontri di pugilato al cinema-teatro Augustus, e per ultimo mise insieme una prestigiosa squadra di calcio che arrivò a giocare nella Massima Divisione eritrea, il Gruppo Villaggio Genio.

Lo sport In Eritrea
italiani e indigeni rimasero separati fino al 1941, ma più tardi, piano piano, la situazione mutò, e i civili italiani che rimasero in loco e cominciarono a organizzare manifestazioni sportive accolsero anche giovani locali. Naturalmente i nostri erano, in quei tempi, di gran lunga migliori, come logico poiché la realtà in cui gli indigeni vennero inseriti non apparteneva loro per tradizione5. Fummo noi a organizzare le manifestazioni sportive, come nel 1946 il primo Giro ciclistico d’Eritrea, a provvedere in qualche modo alle attrezzature, a rendere nuovamente agibili le strutture che il fascismo aveva installato, come ad Asmara, per l’atletica leggera,
il campo Cicero, inaugurato nel 1939 e assegnato in gestione al Gruppo Sportivo Asmara (costituitosi nella stagione 1944/1945), nel quale non mancavano buche sabbiose ed erbose. Durante il fascismo l’organizzazione proveniva dall’alto, perfetta e programmata in ogni suo dettaglio; dopo la guerra, con la buona volontà, molti divennero dirigenti sportivi o giudici, mentre assai meno numerosi furono gli allenatori. Gente come mio padre non ne mancava, come conferma anche un esperto: «L’aspetto che più mi ha colpito nel leggere le saghe di tanta gente (del Corno d’Africa) è stato quello che è ben difficile trovare, fra tutti gli emigranti, una persona che si sia occupata di una cosa sola»6.
L’iniziativa partiva dal basso, dunque. Accanto a quelle intraprese da mio padre, per l’atletica leggera ricordo per esempio la Targa American Bar, che era un incontro triangolare, e la gara di marcia fino alla cima del monte Bizen, organizzata dal Club Alpino. L’impostazione dell’attività di atletica proveniva dal Commissario FIDAL per l’Eritrea, una figura introdotta dal fascismo, che era il capitano Silvio Obici, ufficiale alla guida del Comando della Guardia di Finanza locale, ex specialista di pentathlon moderno e veterano d’Africa,sotto la supervisione del commendator Sebastiano Bartoli-Avveduti, presidente del CONI eritreo e membro del Comitato Rappresentativo degli Italiani in Eritrea (CRIE)7.
Ma naturalmente nulla avrebbe potuto essere concretamente realizzato senza quei volonterosi che, come mio padre per il Villaggio del Genio, o Carlino Pigliapoco, factotum del gruppo sportivo delle Scuole Medie (SMS) e della Rari Nantes Eritrea, si rimboccavano le maniche organizzandole manifestazioni per il piacere di farlo, senza nulla chiedere: dal raccogliere le iscrizioni fino al tracciare le linee sulla pista.Osservazione, questa, valida naturalmente per tutti gli sport. La comunità italiana post-fascista in Eritrea, dopo alcuni anni di difficoltà, raggiunse un ottimo livello di efficienza, e con ancora vivissimo l’attaccamento alla madre patria. Le telescriventi delle redazioni dei giornali italiani locali battevano subito tutte le notizie, e con ansia ci si radunava attorno alla radio per conoscere le vicende del nostro Paese natio. Ricordo di aver potuto seguire passo passo tutte le Olimpiadi di Londra, con il cuore in gola.
Non appena un connazionale otteneva un grande successo sportivo, noi ragazzi subito uscivamo di casa prendendo ad imitarne le imprese, sognando di essere altrettanti Consolini o Bartali.
Ad Asmara venivano stampati diversi giornali, nati tutti durante l’amministrazione militare inglese: Giornale dell’Eritrea, Eritrea Nuova, Il Lavoro, Il Quotidiano Eritreo, Il Lunedì del Medio Oriente. E c’era pure la carta stampata specializzata nello sport: il mensile Luci Sportive e il settimanale Vita Sportiva, con articoli scritti anche da notissimi giornalisti italiani come Renato Casalbore e Gianni Brera.
L’atletica
Riproduco, per il nostro amato sport, un articolo dell’epoca intitolato «Panorama dell’attività atletica in Eritrea». L’attività sportiva eritrea rappresenta, nel suo complesso, un lodevole sforzo degli italiani che sono ancora rimasti in questo territorio. Difficoltà di ogni genere, naturali e tecniche, sono state sormontate con spirito di adattamento e doti di improvvisazione, ma occorre adoperarsi con tutte le forze per migliorare quanto è stato fatto in tutti i campi, e ottenere sempre maggiori risultati. Fra le attività sportive che hanno da poco ripreso a funzionare con regolarità, si trova l’atletica leggera, che sta cercando di raggiungere la posizione che le spetta nel quadro generale dello sport eritreo.
Del tutto speciali sono le condizioni in cui si svolge l’attività atletica in Eritrea. Anzitutto le condizioni ambientali dovute alla posizione geografica. L’attività si è fino a oggi raggruppata nella città di Asmara. Occorre notare che Asmara è situata a quasi 2500 metri di altitudine, e lo svolgimento dell’attività atletica in tale ambiente sottopone l’organismo a uno sforzo fisico rilevante. Questo argomento meriterebbe di essere attentamente studiato e analizzato da qualche volonteroso medico sportivo, il quale potrebbe seguire e vagliare gli effetti dell’attività fisica in queste condizioni ambientali, che possono definirsi uniche8. Non indifferenti sono anche le difficoltà derivanti dalla scarsa attrezzatura.
Non esiste infatti, in Eritrea, uno stadio tecnicamente attrezzato per consentire lo svolgimento di regolari riunioni. Si è, in parte, rimediato usufruendo per l’occasione dei campi di calcio, con gli adattamenti suggeriti dall’esperienza e imposti dalle situazioni di fatto. Scarseggiano gli attrezzi9, e anche l’equipaggiamento degli atleti lascia spesso a desiderare. Di fronte a questa situazione, occorre però mettere in rilievo la passione sportiva degli atleti e dei dirigenti delle società. Entrambi, con spirito di iniziativa, hanno saputo superare molte difficoltà. È da augurarsi che tale buona volontà non venga mai a mancare e anzi produca sempre migliori risultati. Dal canto suo il Commissariato FIDAL per l’Eritrea ha cercato di diffondere la regolamentazione tecnica italiana, base indispensabile per raggiungere risultati sportivamente valutabili. Le società dovrebbero, perciò, collaborare su questa base sia diffondendo fra gli atleti la conoscenza di tali norme, sia curando fin dove possibile, secondo le prescrizioni regolamentari, l’attrezzatura dei campi.
Ovvero comprendere che l’ignoranza delle norme tecniche porta senza alcuna remissione all’annullamento dei loro risultati, a volte raggiunti dopo un duro lavoro di preparazione. C’è bisogno, perciò, di essere perfettamente a conoscenza dei regolamenti, onde non subire amare delusioni. L’atletica leggera è uno sport nel quale, per raggiungere buoni risultati, occorre possedere, oltre le necessarie qualità fisiche, molta tecnica. L’allenamento va curato con puntiglio e serietà, in modo da assimilare completamente lo stile migliore e ottenere il miglior rendimento. Anche gli atleti che vincono una gara devono cercare, mediante un continuo allenamento, di migliorare sempre le loro prestazioni.
La vittoria conseguita deve essere considerata come uno sprone per migliorare, non un punto di arrivo. Per questo motivo è stata scelta, come base di valutazione, la tabella finlandese che valuta in cifre i risultati ottenuti, ed è stato abbandonato il concetto di valutare i risultati solo in base alla graduatoria delle gare, in cui la classifica fra gli atleti è uniforme. Secondo una normale classifica infatti, un distacco uguale intercorre fra il primo e il secondo classificati, e fra il secondo e il terzo, mentre con la classifica stilata con la tabella finlandese il distacco cambia a seconda dei risultati, cronometrici e centimetrici. A volte può essere insignificante fra i primi classificati, ma a volte può essere rilevante. Nella stagione 1947/48 si sono dedicati all’atletica leggera sette sodalizi sportivi10.
Si spera che nell’attuale stagione tale numero possa aumentare e fornire sempre migliori risultati. La stagione 1948/49 vedrà lo svolgimento dei campionati di società attraverso una nuova forma studiata dal Commissariato della FIDAL per l’Eritrea, basata sui risultati tecnici forniti dai primi quattro classificati di ogni gara, che saranno valutati con il punteggio della tabella finlandese. Allo scopo di invogliare a una sempre maggiore partecipazione di atleti e di società alle manifestazioni atletiche, è stato stabilito che le prove considerate come valevoli ai fini della valutazione per la classifica di società, saranno ripetute tre volte. Tale sistema assicura la disputa di tre importanti manifestazioni atletiche, la prima delle quali vedrà il suo svolgimento nel prossimo mese di gennaio. Attraverso questa e le successive prove, si può prevedere che si assisterà a una incerta lotta che non mancherà di appassionare atleti e pubblico, e impegnerà tutti i migliori elementi dell’Eritrea11.


Un pensiero
Non siamo passati alla storia. Libri e albi d’oro dello sport non ci hanno ricordato e non ci citeranno mai. Ed è giusto così. Però, l’aver dato vita all’attività atletica in condizioni così difficili, è un’impresa anch’essa di valore. Come pure di esempio sono le iniziative sportive intraprese dai nostri connazionali nei campi di prigionia, durante la guerra, che lasciarono di stucco persino gli ammirati rappresentanti delle forze alleate che li gestivano. L’agonismo è anche un modo per esprimere sentimenti che travalicano le semplici finalità sportive.
1 Nicky Di Paolo, Emigranti italiani verso il Corno d’Africa, www.ilcornodafrica.it, p. 3.
2 Ivi, p. 4.
3 Ivi, p. 5.
4 Irma Taddia, L’Eritrea-colonia 1890/1952, Franco Angeli, Milano 1986, p. 361.
5 Come riporta l’eccellente volume di Giacinto Fiore«200 pagine sull’Eritrea», a tutto il 1951 esisteva un unico club sportivo di soli indigeni, l’Associazione Sportiva Hamasien, squadra di calcio presieduta da Said Hascim Abdelkader.
6 Nicky Di Paolo, op. cit., p. 3. Per esempio, il campione automobilistico locale Giovanni Liberali, aveva una officina di prodotti per auto e moto (principalmente accumulatori).
7 Il CRIE, costituitosi nel marzo 1947 e scioltosi nel 1950, rinacque nell’aprile 1951 con il nome di Casa degli Italiani, con Bartoli-Avveduti presidente del Comitato Sportivo.
8 Non mancava in Eritrea neanche un delegato della Federazione Italiana Medici Sportivi, il dottor Pasquale Del Vecchio.
9 Quei pochi soldi che il CONI locale possedeva venivano convogliati per lo più verso calcio e ciclismo.
10 Probabilmente G.S. Villaggio Genio, Associazione Sportiva Eritrea (nata nel 1944), S. M. S. (scuole medie), Rari Nantes Eritrea (costituitasi nel 1947), A. S. Stella Asmarina, Circolo Universitario Asmara, G. S. NET.
11 O. S., Luci Sportive, novembre 1948