Valeria Isacchini, giugno 2019

Nel nostro sito già si è parlato del salvataggio dei Falascià, gli ebrei d’Etiopia, e del loro rientro in Israele a partire dagli anni ’70 del secolo scorso (v. https://www.ilcornodafrica.it/st-melecasalvataggio.pdf).

In questi giorni parecchi media internazionali stanno celebrando il ricordo di quello che fu uno degli agenti più impegnati in queste operazioni, colui che quarant’anni fa guidò il primo gruppo di ebrei etiopici verso la Terra Promessa: Ferede Yazazao Aklum.

Le informazioni su di lui sono, per ovvie ragioni, incerte e talvolta contradditorie. Tuttavia vale, credo, la pena di ricordare la sua figura.

Nacque a quanto pare nel 1944 in un villaggio del Tigrai, nei pressi di Axum1, in una famiglia falascià benestante, dove il padre, Yazazao Aklum, dava importanza all’istruzione dei figli. Ferede studiò infatti pedagogia ad Addis Abeba e nel 1976

venne nominato dirigente scolastico in una scuola di Indabeguna, nel Tigrai.  In quegli anni si stava notevolmente espandendo l’organizzazione ORT Israel, un ente scolastico non governativo creato nel 1948 per favorire l’integrazione dei numerosissimi ebrei che nel dopoguerra si riversavano in Israele2. Con l’appoggio dell’ORT, Aklum riuscì ad aprire nel Tigrai alcune scuole ebraiche; la sua attività di educatore doveva essere apprezzata in zona, dato che venne nominato sindaco di Indabeguna.

Era quello per l’Etiopia un periodo turbolento e drammatico, dopo che il dittatore Menghistù Hailè Mariàm aveva preso il potere e scatenato una feroce repressione contro tutti quelli che considerava potenziali oppositori; tra questi, anche gli ebrei. Israele si rendeva conto del pericolo che correvano quelli che in Etiopia preferivano essere chiamati non Falascià (stranieri), ma Beta Israel (Casa di Israele). Nel 1977, fu quindi siglato tra Etiopia ed Israele un accordo segreto che prevedeva il trasferimento degli ebrei da Addis Abeba a Tel Aviv in cambio di forniture di armi, da usare nella guerra contro la Somalia. Fu Aklum ad essere incaricato dell’operazione. Ma quando pochi di loro avevano raggiunto Israele, l’accordo venne rivelato: fu lo stesso Moshe Dayan, all’epoca Ministro degli Esteri, in una clamorosa intervista tenuta a Zurigo il 7 febbraio 1978, a parlare degli aiuti forniti a Menghistù3, cogliendo di sorpresa lo stesso Ministero della Difesa israeliano. Il governo etiopico , per salvare i rapporti nei confronti di paesi radicalmente anti israeliani, come Libia e Sud Yemen, ruppe i rapporti diplomatici con lo Stato ebraico e imprigionò tutti i notabili ebraici, compresi i membri dell’ORT. Anche espatriare divenne un crimine.

Aklum capì che l’Etiopia non era certo un luogo sicuro per lui: riuscì fortunosamente a fuggire in Sudan e da Khartoum scrisse all’ambasciatore israeliano di Ginevra, che ovviamente girò al più presto il messaggio al Mossad. Secondo quanto detto recentemente dal fratello Amram, sarebbe giunto in Sudan in condizioni talmente disagiate, senza un soldo per sopravvivere, che fu costretto ad elemosinare per strada e a vendere la fede nuziale per avere i soldi per il francobollo della lettera…

Il passaporto sudanese rilasciato a Farede Yazazao Aklum

Il Mossad, fallita la possibilità di recupero dei Falascià con l’appoggio segreto del governo etiopico, stava cercando nuove vie. La Costituzione israeliana infatti prevede che “Lo Stato si impegnerà affinché sia garantita la sicurezza dei membri del popolo ebraico in pericolo o in cattività a causa della loro ebraicità o cittadinanza.” La comunicazione di Aklum, nella quale egli rivelava come fosse riuscito a fuggire in Sudan, aprì una nuova possibilità: l’Etiopia era sconvolta da guerra civile, da carestia, da disastri di ogni genere. Si poteva quindi far credere ai media internazionali che i Falascià erano rifugiati di guerra in fuga dal dramma etiopico, raccoglierli in campi profughi sudanesi e da lì trasportarli in Israele. Non era del tutto un inganno: erano sì in fuga per la salvezza, ma il loro salvataggio avvenne su base religiosa, non su base genericamente umanitaria. Aklum venne reclutato come agente del Mossad e con l’aiuto di due fratelli riuscì a radunare alcune famiglie ebree, che lo raggiunsero, seguendo letteralmente il sentiero da lui individuato attraverso il confine, in Sudan. Da lì, un primo gruppo di 30 persone raggiunse Ginevra e poi Ofakim, in Israele.

La voce di questa possibilità corse rapidamente attraverso gli ebrei d’Etiopia e Aklum continuò ad organizzare migliaia di trasferimenti di Beta Israel che, dichiarandosi rifugiati di guerra, venivano accolti per motivi umanitari nei campi

profughi sudanesi e da lì, attraverso il Mar Rosso, raggiungevano la Terra Promessa. Non era certo una cosa semplice: si parla di circa 4000 ebrei morti nella fuga dall’Etiopia, per cause varie, generalmente stenti, fame, malattie. Inoltre, gli israeliani non accettavano facilmente i nuovi arrivati dall’Africa: separati da secoli, provenienti da culture completamente diverse, spaesati, talvolta analfabeti e per niente metropolizzati, anzi, secondo alcuni, neanche ebrei4.

Ma la sua attività finì con l’insospettire ed irritare il governo sudanese, profondamente islamico e decisamente anti-israeliano, tanto che Aklum, sentendosi nuovamente in pericolo, raggiunse a sua volta Israele. Erano gli anni in cui il Mossad stava cominciando a programmare l’Operazione Mosè del 1984. Da lì, continuò la sua attività di appoggio agli Olim (come erano chiamati i nuovi arrivati in Israele) cercando di favorirne la non sempre facile integrazione.

Morì il 7 gennaio 2009, ad Addis Abeba; curiosamente, si trovava infatti in quel periodo nella sua terra di origine, in Etiopia, con cui aveva attivato un commercio di fiori.

Giovane Beta Israel

1 Secondo alcune fonti sarebbe nato nel 1949 a Medabay, secondo altri ad Adi Worewa. Ho utilizzato l’unico dato documentale rintracciato, cioè il passaporto sudanese, che indica come data di nascita il 1944, pur riconoscendo che l’anagrafe etiopica all’epoca aveva probabilmente ampi margini di tolleranza … e lo stesso, forse, per la concessione dei passaporti sudanesi negli anni ’70.

2 https://en.wikipedia.org/wiki/ORT_Israel#History

3 V. articolo di Yitzak Shargil, Dayan Says Israel is Selling Arms to Ethiopia, but is Not Sending Any Troops or Aircraft, Jewish Telegraphic Agency, 8/2/78. L’intervista suscitò molte reazioni anche perché era la prima volta che venivano ammessi apertamente gli aiuti militari forniti all’Etiopia, benché da vent’anni, già dai tempi del regime imperiale, Israele avesse continuato nelle forniture di armi, per poter mantenere rapporti con l’unico stato non arabo affacciato sul Mar Rosso.

4 I Falascià nel mito sarebbero derivati dall’unione tra re Salomone, ebreo, e la regina di Saba, yemenita quindi non ebrea, i cui discendenti sarebbero arrivati in Etiopia nel 950 a.C. Essendo l’ebraismo trasmesso per via femminile, i Falascià secondo l’ortodossia ebraica non sarebbero ebrei. Secondo altri miti, sarebbero gli unici salvatisi fuggendo dalla distruzione del tempio di Gerusalemme nel 586 a.C. E’ certo che per secoli, anzi millenni, vissero da ebrei, considerandosi fieramente, data l’impossibilità di contatti col resto del mondo, come ultimi rappresentanti dell’ebraismo.

https://unitedwithisrael.org/the-ethiopian-mossad-agent-who-helped-save- ethiopian-jewry/

https://www.jforum.fr/lagent-du-mossad-qui-a-conduit-les-juifs-ethiopiens-vers-la- terre-promise.html

https://www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-5519503,00.html

Jewish Telegraphic Agency, Historical Archives