E’ un librettino tascabile di un’ottantina di pagine, corredato di disegni dell’autrice, ricalcati da quelli di pergamene antiche o da fotografie delle guide turistiche.

Ha una serie di lati negativi ed uno solo positivo, che però vale la spesa di 9 euro ed è il motivo per cui ve lo consiglio, specialmente se vi accostate per la prima volta al mistero dell’Etiopia.

Il primo lato negativo è puramente formale: una punteggiatura casuale che spezza il ritmo delle frasi, spesso impedisce di comprenderne subito il senso ed è, per questo, assolutamente irritante.

Sarebbe stata preferibile una correzione delle bozze più scrupolosa ed anche un’impaginazione meno artigianale e una presentazione nella quarta di copertina più accurata.

Gli altri lati negativi sono invece sostanziali: numerose imprecisioni e approssimazioni deludono il lettore che conosce la materia e gli fanno sospettare inesattezze anche nelle notizie che non conosceva. Tre esempi: l’Etiopia conquistata dall’Italia nel 1939 (lo fu nel 36) ed “abbandonata” nel 1940 (fu perduta nel 41), le imbarcazioni del lago Tana in giunco (sono in papiro come quelle dell’antico Egitto), il tef che serve a fare il pane (serve invece a fare l’injera che è completamente diversa dal pane).

Non è quindi un trattato da prendere alla lettera e per un viaggio vero è consigliabile munirsi di una vera guida turistica, ma il riscatto di questo piccolo libro sta nella freschezza e nella naturalezza con cui l’autrice mescola le notizie turistiche con le leggende nella parte dedicata agli itinerari, nonché nella delicatezza con la quale descrive le opere artistiche del Paese.

Se il viaggio è destinato a rimanere immaginario, con questo libro si può scatenare la fantasia, sognando paesaggi mai visti e percorsi emozionanti.

Può però essere consigliabile anche se si intende partire davvero, accanto a manuali più completi e pratici, per non eliminare la dimensione fantastica e lo stupore della scoperta.