È in Dancalia la nascita dell’Uomo?

Scendendo lungo le coste dell’Eritrea, arrivati a Mersa Fatma, piccolo approdo sulla baia di Auachìl, si ha l’impressione che qui alcune leggi fisiche non funzionino. Causa le sue maree, con le più alte escursioni del Mar Rosso, sembra che la terra continui a sprofondare.

All’inizio del secolo scorso Mersa Fatma non esisteva, ma venne iscritta all’anagrafe geografica dai soldati italiani quando vi ebbero installato il terminale di una decauville che dal profondo della depressione, da Dallol cioè, giungeva qui trasportando un salgemma particolarmente puro, venduto indifferentemente ai belligeranti della prima guerra mondiale per la fabbricazione di esplosivi.

Mersa Fatma è l’inizio di una stretta gola che lentamente scende verso la depressione con le più alte temperature della Terra, la depressione dancala, chiusa ad ovest dall’acrocoro tigrino e a est da una catena di alte colline che, sempre i nostri soldati, per onorare i loro paesi natii, qualificarono e battezzarono “Alpi Dancale”.

Se si segue il sentiero che si inerpica su queste “alpi” butterate da crateri di vulcani spenti, percorrendone la cresta, si viene investiti dai fiati caldi che salgono dalla depressione e che, amalgamandosi con l’umida brezza del mare a sinistra, generano una miscela allucinogena la quale riattiva alcuni neuroni del nostro cervello che si erano assopiti nella notte dei tempi quando l’Uomo era solo un piccolo primate.

Guardando attraverso la nebbia dei millenni con la fantasia delle teorie, possiamo scorgere più a sud, e sempre qui in Etiopia, la famosa Lucy che, come l’ultimo reperto recentemente scoperto, l’Ardipithecus Ramidus, avrebbe avuto come suo e nostro antenato una piccola scimmia che dimorava sugli alberi. Costei sarebbe poi stata scacciata dalle sorelle più grandi e aggressive che l’avrebbero costretta a scendere dall’albero e a vagare nella savana.

Ma qui avvenne il primo miracolo, il primo “salto”: per individuare e prevenire gli assalti delle fiere della savana, la nostra ava fu costretta ad “alzarsi” costringendosi ad una posizione “eretta” che le permettesse di individuare sopra il livello delle erbe l’arrivo delle fiere.

Perduto il paradiso della frutta, sempre quella nostra nonna, compì un altro salto evolutivo: da vegetariana si trasformò in onnivora iniziando a cacciare piccoli roditori e, per passare a prede più grosse, “si costrinse” a sviluppare l’uso del pollice per renderlo opponibile alle altre dita consentendole di afferrare con le mani un ramo o una pietra per colpire e uccidere le prede prima,… i nemici dopo.

Furono i maschi ad organizzarsi per la caccia, che però impoveriva l’ambiente circostante, per cui si spinsero a cercare prede sempre più lontane. A volte non tornando perché sopraffatti o smarritisi, condannavano le loro femmine e i piccoli a morire di inedia.  Ecco allora che…, sempre la nostra nonna, elaborò un rimedio fondamentale per la sopravvivenza della specie: inventò il “risparmio”. Occultando e conservando parte delle prede per possibili periodi di magra, la donna ci ha trasmesso il concetto fondamentale del “capitalismo”, e ancora… poiché i maschi non erano sempre reperibili, causa le loro manie di allontanarsi e inventarsi esploratori, sempre Lei costrinse il suo corpo alla fertilità permanente, salvo che per i brevi periodi del mestruo o per limiti dell’età, unico esempio nel regno animale.

Ora… tutta questa saccente premessa, è solo per esaltare il ruolo della Dancalia, un ruolo al quale, forse ingenuamente, crede chi tanto ha vissuto e amato quelle contrade. Comunque, il passaggio da “homo faber” a “homo sapiens” non fu per lo “slancio vitale” di Bergson, ma per una causa molto meno spirituale legata a un pesce: l’acciuga, nota anche come alice.

Dunque ecco i fatti: milioni di anni fa (35 ?, 200?) la placca tettonica africana si stacca da quella arabica, e l’attuale temporanea conclusione ad oggi è quella nota a tutti come Rift Valley. Nota perché tutti sanno che ne fa parte il Mar Morto, lo stesso Mar Rosso, e che partendo dalla Siria arriva nel Mozambico dopo cinquemila Km.

Ma il punto nevralgico dell’intera spaccatura è il “Triangolo Afar”, il punto geologico dove le placche si dividono e tendono ad allontanarsi, noto come depressione di Danakil, e che ha spaccato in due l’altopiano etiopico. Per un certo momento geologico le Alpi dancale sono state circondate dal mare e questo rese impossibile alle tribù dei primati che le abitavano la loro migrazione verso  le comode piane dell’Amboseli. 

Restando  quindi completamente isolate, con l’esaurirsi delle prede da caccia, rischiarono l’estinzione. Ma ecco il miracolo finale. Quel mare caldo, che poi si asciugherà creando la depressione, era particolarmente ricco di pesce azzurro: un alimento che, per sopravvivere, quei primati, ancora scimmie, furono obbligati ad includere nella dieta e che con il suo “omega tre”, nel corso dei millenni, provocherà e svilupperà la scintilla dell’intelligenza che  li condurrà a gridare:  “Cogito ergo sum !”.