Nicky Di Paolo, 10 marzo 2013
Ho deciso di porre fra i personaggi del Corno anche mia madre, Lisina, e lascio al lettore giudicare se ho agito onestamente a metterla su un piedistallo.
La Lisina ha compiuto 106 anni. Ho già scritto di Lisina una decina di anni or sono descrivendo la sua avventurosa venuta in Eritrea, evento verificatosi per fare visita ai suoi due fratelli che avevano deciso, dopo avere soggiornato un paio di anni in colonia, di non tornare più in Italia ma di stabilirsi in Africa orientale. L’amore di Lisina per i suoi due fratelli era così grande che affrontò da sola una traversata che nel 1935 era ancora avventurosa. Allorché sbarcò in Eritrea, cominciò subito a
organizzare il viaggio di ritorno in quanto lei, così lontano da casa, non voleva trattenersi che il minimo indispensabile; troppi neri, troppo caldo, troppa pioggia, troppi animali piccoli e grandi con i quali lei non voleva avere nulla a che fare, troppi spazi, troppi silenzi rotti solo da echi di tamburi lontani. Come era lontano il suo dolce paesello toscano dove lei si sentiva tranquilla e protetta! Come erano distanti le sue amiche del cuore, la sua mamma, la sua sorella, tutti i parenti che la
coccolavano e la riempivano di attenzioni!
Non aveva però fatto i conti con il destino che le tese un tranello nei panni di un amico dei suoi fratelli che la fece innamorare e che la sposò in un batter d’ali. Subito il caldo divenne tepore, le piogge scroscianti si erano tramutate in benedizioni celesti, il cibo abissino le appariva tanto piacevole da non potersi paragonare a quello dell’europeo; gli animali piccoli e grandi divennero motivi di gioia nei momenti che si facevano ammirare. Dopo un anno aveva dimenticato il suo paese italiano e tutto ciò che esisteva all’interno: parenti, amicizie, amori, era tutto sparito, esisteva solo il suo uomo che le faceva scoprire giorno dopo giorno le bellezze del Corno d’Africa e, se alla luce del sole si spostava tra le gioie che le offriva un mare d’incanto e terre ancora selvagge popolate da genti sorprendenti, la notte rimaneva ore e ore coricata su un anghereb, senza
stancarsi mai di rimirare un firmamento così zeppo di stelle e una luna tanto grande e luminosa da rendere chiari i panorami più lontani.
Forse l’amore giocò il suo ruolo nel farle cambiare così drasticamente opinione ed è anche probabile che i fratelli fecero di tutto per farle prendere coscienza dell’incanto africano, ma è certo che anche lei fu preda del male arcano in maniera del tutto simile a ciò che accade a tutti quelli che giungono in Africa e che dopo un iniziale e temporaneo rigetto rimangono fatalmente attratti e senza rimedio ancorati a quella terra intrigante e suadente.
Lisina rimase in Africa 35 anni e, come tutti gli italiani, alla fine degli anni ’70, fu costretta al rimpatrio , un rientro amaro, forzato, dove la nostalgia dell’Eritrea non le permise di godere tutto ciò che l’Italia poteva offrire in quel momento.
In compenso la sua vita si svolse e continua tuttora a svolgersi attorno a quella dei figli e poi dei nipoti e la sua dolcezza avvolge tutti in un tenero abbraccio.
Ora che Lisina ha 106 anni, continua ad avere la forza di richiamare attorno a sé lo stuolo di parenti che man mano è andato sempre più ingrandendosi: nipoti e pronipoti che lei ha fattivamente contribuito a crescere, nutrono per lei quell’affetto che, a parere di tutti, l’aiuta a tenersi in vita.
Per me invece Lisina è qualcosa di diverso: malgrado mi ci provi spesso, non riesco a far capire ai miei figli che le continue visite che faccio a mia madre che dista da me un’ora di macchina, non sono dettate da un dover e filiale e non hanno lo scopo di fare contenta Lisina; esse rappresentano soltanto una mia egoistica necessità interiore. Ho 35 anni meno di lei, ma non mi sento più giovane, non ho il suo immancabile sorriso né tanto meno il suo comico sarcasmo non più censurato per la
perdita dei freni inibitori.
Quando la vedo, sento distintamente attenuarsi il peso delle mie angosce, dei miei guai, delle preoccupazioni che nascono in una famiglia molto numerosa; in sua presenza tutto mi sembra risolvibile e anche se Lisina si esprime solo a cenni o a monosillabi, mi trasmette tanto conforto.
È giunta alla sua età senza incorrere in alcuna malattia, condizione necessaria per superare i 100 anni, ma adesso soffre dell’involuzione senile che, anche se impercettibilmente, riduce la funzione dei suoi organi; sono med co ma devo constatare che non esiste una seria letteratura medica che tratti la fisiopatologia dell’uomo ultracentenario. Non è facile quindi prendere decisioni mediche necessarie a contenere il fisiologico declino dell’organismo di Lisina. Lunghe sono le discussioni con i suoi medici curanti che spesso propongono il ricovero clinico o la somministrazione di medicinali che sia io che le mie sorelle continuamente rifiutiamo per non incorrere nell’accanimento terapeutico. Lisina reagisce in modo fantastico ai malanni che necessariamente la affliggono; si comporta come i bambini che, colpiti dal male, si afflosciano destando serie preoccupazioni dei genitori per poi rifiorire in un baleno appena il morbo si allontana.
Eppure, a vederla così, seduta in poltrona di fronte allo schermo televisivo dove desidera vedere e ascoltare solo brani di musica operistica, è talmente magra che ci si dovrebbe aspettare di vederla accasciarsi da un momento all’altro. Invece dopo la musica chiede del cibo che deve essere liquido sia per la mancanza della maggior parte dei denti, sia per il rifiuto di dover masticare. Il tutto sempre accompagnato dal sorriso, da parole gentili, da dolci carezze.
È indubbio che come figlio sono stato fortunato: ho avuto dei genitori eccezionali. Mio padre, che è morto a 93 anni dopo esser caduto da una scala, era legato a Lisina da un amore dolcissimo, inalterato nel tempo, e nulla ha mai turbato il loro rapporto. Se le guerre li hanno tenuti separati per brevi periodi di tempo, non mancava il giorno che si scrivessero lunghe missive che ancora oggi destano commozione.
Lisina è sempre apparsa, a prima vista, dolcissima e fragile, ma conoscendola più profondamente era facile sentire, fino a poco tempo fa, la forza interiore che non si arrestava mai di fronte a qualsiasi ostacolo; se in età giovanile pesava non più di 42-43 chili, adesso non supera i 35, facendo sospettare a chi la vede che non ci sia nulla di nulla sotto quelle semplici vesti che è sempre stata solita indossare.
Mai un litigio, mai un risentimento verso chicchessia, mai un’imprecazione, è stata sempre pronta a trovare giustificazioni verso coloro che in qualche modo intaccavano la nostra tranquilla vita familiare. D’altra parte ha dovuto affrontare momenti molto difficili a causa delle guerre, delle crisi economiche, di pericolose situazioni locali. Non ha mai avuto un momento di cedimento, un attimo di sconforto; era lei a offrire sempre aiuto non solo alla vasta parentela, ma anche a quelli che le si rivolgevano consapevoli delle sue capacità risolutive.
Lisina è sempre stata attaccata alla religione e spesso seguiva il marito per frequentare la chiesa; ma non è stata mai una bigotta e cercava sempre di smussare i contrasti che talora nascevano fra mio padre e noi figli, poco disposti ad ottemperare alla sua intransigente moralità cattolica.
Che dire oggi di Lisina? 106 anni sono tanti e difficili da portare. A quell’età non mancano problemi che non trovano risoluzioni, ma progrediscono implacabilmente rendendo ogni anno più pesante il fardello della vecchiaia. Lisina non si lamenta di nulla, mentre dona ancora gioia a chi si reca a visitarla.
Pavento il giorno che scomparirà, perderò un punto di riferimento essenziale, e sono oggi convinto che la fine di un genitore non è meno dolorosa se avviene in età avanzata, ma al contrario, può essere tragica se un padre o una madre sono come Lisina.
PS
Ps Nicky ha fatto appena in tempo a tracciare il profilo di sua madre, Lisina, che si è spenta serenamente Il 28 Marzo 2013. A Nicky le condoglianze di tutta la redazione.