Beppe Storelli, 28 agosto 2017
Un mattino mentre ero nell’ufficio di Asmara, ricevo la visita del Signor Irtinni. Il Signor Irtinni e famiglia erano rinomati fiorai che da lungo tempo esercitavano questa loro attività, e i loro negozi erano tra i più belli di Asmara. Il signore in questione, mi sottopone un problema: deve spedire in Italia, i resti umani di alcune salme.
Esaminato cosa dice il manuale in materia di trasporti aerei, fatte le dovute considerazioni e trattandosi di un carico speciale, era d’obbligo rispettare alcuni parametri, tanto più che, nel caso specifico, il carico doveva essere consegnato nelle mani del
comandante dell’aereo, per cui dovetti chiedere alla direzione generale delle compagnie interessate (Sudan Airways e Alitalia) se il carico sarebbe accettato. Ci salutammo con l’intento che successivamente ci saremmo accordati per la prima spedizione,
dopo aver ricevuto il “nulla osta” dagli organi superiori.
Fatte le dovute richieste e ricevute le varie autorizzazioni do al signor Irtinni via libera. Fu così che a intervalli di quindici giorni facemmo una mezza dozzina o forse più di spedizioni. Io compilavo le lettere di vettura direttamente in aeroporto (era una questione di discrezione) e mi occupavo del carico che affidavo alle mani dei vari comandanti che dovevano eseguire la prima parte del trasporto. Nel caso specifico Asmara/ Khartoum con Sudan Airways, e Khartoum/ Roma con Alitalia.
Tutto regolare quindi, ma c’era una cosa che mi incuriosiva, perché i resti umani erano tutti destinati ad uno strano paese (per me allora) in Italia. Il paese in questione si chiamava San Giovanni in Persiceto. Per molto tempo mi sono chiesto dove mai potesse essere localizzato in Italia un paese con un nome tanto singolare.
Tutto questo accadeva negli anni 1959/1960. Col passare del tempo dimenticai tutta la faccenda. Quando nel 1963 torno in Italia, mi sposo a Modena, in seguito mi trasferisco con la famiglia a Nonantola, e un bel giorno vado a lavorare in una ditta che era in forte espansione, per cui la direzione decide di diversificare la produzione e opta di decentrare la produzione di alcuni ricambi in un edificio trovato disponibile proprio a San Giovanni in Persiceto.
Per poter dare il via alla nuova attività, ci sono alcune formalità burocratiche da ottemperare. San Giovanni in Persiceto (BO) è un graziosa cittadina a circa quindici chilometri da Nonantola, per cui a più riprese mi devo recare negli uffici amministrativi del luogo dove nascerà la nuova filiale, tanto che un mattino presentandomi alle ore otto allo sportello che mi interessava, vengo informato che i dipendenti comunali sono riuniti in consiglio per affari che non mi riguardavano, e che dovevo ripresentarmi alle ore nove dopo che la riunione era finita.
Decido quindi di andare a prendere un caffè, di concedermi una breve passeggiata, e distrattamente mi accomodo su una panchina di un giardinetto ben tenuto e rallegrato da molti fiori. Al centro del giardinetto c’è una fontana, alle spalle della fontana, c’è una specie di stele di pietra, presumo di basalto, con al centro una lapide in bronzo recante alcuni nominativi; su un’altra lapide in marmo, c’è la dedica che il comune fa ai propri concittadini morti in terra d’Africa.
L’altra lapide informa che quei personaggi sono le vittime di un assalto perpetrato da una banda etiopica al campo N°1 Gondrand in località Mai Lahlà, il 13 Febbraio del 1936.
Incredibile, anni prima io mi ero occupato del trasporto dei loro resti perché potessero finalmente riposare in pace nella loro Madre Patria. Le vittime furono circa 74 tra cui 15 militari,17 civili eritrei tra i civili, un paio di donne, mogli dei responsabili del campo. Il massacro venne ordinato al fitaurari (comandante dell’avanguardia) Tesfai da Ras Immirù.
Il cippo com’era quando fu posato la prima volta. In seguito gli fu costruito intorno un giardino. Poi per esigenze di traffico il giardino venne eliminato spostando il cippo al centro di un piccolo spartitraffico. Attualmente il cippo rischia di scomparire invaso da rami di edera.
Pop

con i nominativi delle vittime dell’eccidio.

