Beppe Storelli, 28 agosto 2017

Al tempo in cui lavoravo all’Ufficio Viaggi Asmara, di fianco agli uffici della Posta, tra i vari personaggi che ruotavano intorno all’ufficio, ve ne era uno abbastanza singolare. Come si chiamasse questo personaggio non era dato di sapere, avrebbe potuto chiamarsi in qualsiasi modo, ma nessuno conosceva il suo vero nome. Si perché, il soggetto in questione era muto, ed anche leggermente sordo. Sia io che altri come me che frequentavano la zona lo avevamo soprannominato “Tubbù”, poiché questa era la sola parola che lui sapeva pronunciare. In sostanza era lo storpiamento della parola in lingua eritrea “zubbùc”, e la parola in questione era riferita a come ti avrebbe reso le scarpe dopo avertele lucidate. Cioè “belle”.

Alcune volte non ne avevo di bisogno di farmi lucidare le scarpe, ma un po’ per pigrizia, un po’ perché non avevo troppa voglia di tornare in ufficio, anche per via del fatto che avevo sulle spalle già diverse ore di lavoro in aeroporto, mi appoggiavo al muro e lasciavo fare. Il ragazzo aveva una età indefinita, di statura al di sotto della media, ed un fisico esile e gracile per cui non sapevi se dovevi dargli diciotto o vent’otto anni di età. Due cose però erano certe. Una, il prezzo che dovevi pagare a lavoro finito. Si perché la tariffa era un “Kit Kat”.

Chi di noi asmarini non ricorda il famoso “carro armato” altrimenti detto Kit Kat. E l’amico Tubbù non accettava altra moneta che quella, impossibile convincerlo ad accettare due monete da dieci cent ed una da cinque cent, era imperativo il Kit Kat. Per cui abbastanza di frequente dovevo andare in ufficio dalla cassiera (La signorina Mattia Caffo, altra mitica figura dell’universo asmarino) per convertire le monete in un Kit Kat.

L’altra delle due cose straordinarie di questo ragazzo era che quando era chino sulla scarpa mentre la lucidava, la sua concentrazione era tale che pareva volesse ipnotizzarla, esercitando su di essa una sorta di esorcismo e alla fine le scarpe uscivano dalle sue mani di uno splendore straordinario. Come facesse per me era ed è tuttora rimasto un mistero. Quando vedeva che non era il caso di insistere per lucidarmi le scarpe, allora rivolgeva la sua attenzione alla mia moto. Per la moto la tariffa erano due Kit Kat e garantisco che a lavoro finito potevi esaminarla con la lente di ingrandimento per riuscire a trovare anche un solo granello di polvere. Mai avuta una moto tanto bella e lustra.

Un bel giorno, poi, Tubbù sparì dalla circolazione, non si fece vedere per alcuni giorni. Venni a sapere dagli “awala” che bazzicavano la zona Posta/Bar Alba/ Ufficio Viaggi, che Tubbù era tornato al paese natio per partecipare al matrimonio di una sorella, alla quale aveva portato come dono di nozze, una mucca ed una coppia di capre.

Muto, magari anche un po’ sordo, ma grande come uomo. Unico direi.

P.S. Gli “awala” erano un gruppo di giovanotti che stazionavano nei pressi dell’Ufficio Viaggi, ma estendevano il loro raggio di azione anche intorno alla Posta, al Banco di Roma e al Banco di Napoli, esercitando il mestiere di “volanti” cambia valute, ovviamente a condizioni più vantaggiose che non quelle che poteva praticarti la banca.

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Il famoso Kit Kat (carro armato)